La fattispecie di cui si è occupata la Suprema Corte concerne un caso di violenza sessuale, consumata da un operaio, che era stato incaricato dal Comune dei lavori di manutenzione di una scuola elementare, all’interno del bagno riservato alle bambine.
Nei gradi di merito veniva condannato al pagamento del danno il Ministero dell’Istruzione, con esclusione del Comune, il quale aveva commissionato i lavori.
Pertanto, il Ministero decideva di proporre ricorso per Cassazione, ritenendo che l’omissione dell’obbligo di vigilanza accertata in sede processuale non fosse addebitabile a loro, bensì all’Ente comunale che aveva commissionato i lavori.
Tuttavia, i Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso de quo, precisando, in primo luogo, che l’obbligazione di vigilanza sulla sicurezza e incolumità degli alunni e la conseguente predisposizione degli accorgimenti necessari da parte della direzione scolastica deve essere legata strettamente alle circostanze del caso concreto: “da quelle ordinarie, tra le quali l’età degli allievi, che impone una vigilanza crescente con la diminuzione dell’età anagrafica; a quelle eccezionali, tra le quali può certamente ricomprendersi, come nella specie, l’esistenza di lavori di manutenzione dell’immobile, che implicano la prevedibilità di pericoli derivanti dalle cose (cantiere aperto) e da persone estranee alla scuola e non conosciute dalla direzione didattica, ma autorizzate a circolare liberamente per il compimento della loro attività”.
Da ciò consegue, a parere degli Ermellini, l’irrilevanza della circostanza secondo cui committente dei lavori di manutenzione fosse il Comune, e che il personale non docente, che operava nella scuola, fosse legato al Comune da rapporto di lavoro dipendente: “Perché, una volta che l’appalto sia stato affidato e il personale non docente che opera all’interno della scuola abbia tra le proprie mansioni quella di vigilanza nei confronti di estranei, spetterà alla direzione didattica, responsabile dell’organizzazione scolastica, predisporre una vigilanza più attenta (impartendo le idonee direttive al personale ausiliario) in considerazione dell’evento non ordinario della presenza di persone non conosciute all’interno dell’edificio”.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 19 aprile – 29 maggio 2013, n. 13457
(Presidente Berruti – Relatore Carluccio)
Svolgimento del processo
1. I genitori della minore A.S. convennero in giudizio il Ministero dell’Istruzione, il Comune di Tivoli e A.V., chiedendo il risarcimento del danno derivante dalla violenza sessuale aggravata accertata con sentenza penale passata in giudicato – compiuta dal V. nei confronti della minore all’interno della scuola elementare, dove frequentava la seconda classe e dove il V. stava eseguendo lavori di manutenzione dell’immobile, su incarico del Comune.
Ai fini che ancora rilevano nella presente controversia, il Tribunale accolse la domanda nei confronti del V. e del Ministero e la rigettò nei confronti del Comune.
L’impugnazione proposta dal Ministero, volta a far valere il proprio difetto di legittimazione passiva e il vizio di ultrapetizione per aver il giudice ritenuto la sussistenza della responsabilità contrattuale mentre era stata invocata la responsabilità extracontrattuale, fu rigettata dalla Corte di appello di Roma (sentenza del 2 marzo 2009).
2. Avverso la suddetta sentenza il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca propone, ricorso per cassazione con tre motivi.
Resistono, con distinti controricorsi, il Comune di Tivoli e A.S., divenuta nelle more maggiorenne; quest’ultima propone anche ricorso incidentale condizionato.
Motivi della decisione
1. La Corte di merito, nel rigettare l’impugnazione per ultrapetizione proposta dal Ministero, ha ritenuto che il giudice di primo grado aveva correttamente esercitato i propri poteri relativi alla qualificazione della domanda, interpretando e qualificando come domanda contrattuale di responsabilità quella proposta, ex artt. 2043, 2048 e 2049 cod. civ., facendo leva sull’obbligo di vigilanza del Ministero.
1.1. Il terzo motivo di ricorso, logicamente preliminare, deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., quale ultrapetizione, per avere il giudice ritenuto corretta tale qualificazione, nonostante rientri nel potere dispositivo della parte proporre cumulativamente i due tipi di azione.
1.2. La censura non ha pregio e va rigettata.
Da oltre un decennio è principio consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, che il titolo della responsabilità dei Ministero della pubblica istruzione, nel caso di alunni che subiscano danni durante il tempo in cui dovrebbero esser sorvegliati dal personale della scuola, può essere duplice e può esser fatto valere contemporaneamente. Il titolo è contrattuale se la domanda è fondata sull’inadempimento all’obbligo specificatamente assunto dall’autore del danno di vigilare, ovvero, di tenere una determinata condotta o di non tenerla; extracontrattuale se la domanda è, fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri. Quindi, lo stesso comportamento può essere fonte per il suo autore sia di una responsabilità da inadempimento, sia di una responsabilità da fatto illecito, quando l’autore della condotta anziché astenersene la tenga, ovvero manchi di tenere la condotta dovuta e le conseguenze sono risentite in un bene protetto, non solo dal dovere generale di non fare danno ad altri, ma dal diritto di credito, che corrisponde ad una obbligazione specificamente assunta dalla controparte verso di lui. Quando una tale situazione si verifica, il danneggiato può scegliere, sia di far valere una sola tra le due responsabilità, sia di farle valere ambedue (in particolare da Cass. 11 novembre 2003, n. 16947, sino a tempi molto recenti).
Inoltre, pure consolidato è il principio secondo cui «il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente l’azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un nomen juris diverso da quello indicato dalle parti, purché non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o basandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio» (ex multis, Cass. 3 agosto 2012, n. 13945). Principio che si coniuga con quello secondo cui «l’interpretazione della domanda rientra nella valutazione del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità ove motivata in modo sufficiente e non contraddittorio» (ex multis, Cass. 24 luglio 2012, n. 12944).
1.3. Nella specie, la Corte di merito ha ritenuto corretta la qualificazione della domanda, come responsabilità contrattuale dell’amministrazione scolastica, essendo stata fondata l’azione sull’inadempimento dell’obbligo di vigilanza su di essa contrattualmente gravante e non sulla violazione del dovere generale di non fare danno ad altri.
2. Nel rigettare l’impugnazione proposta dal Ministero, volta ad escludere la propria legittimazione passiva, in assenza di colpa dell’amministrazione, la Corte di merito ha ritenuto:
a) non controverso il fatto della violenza sessuale, consumata da un operaio – incaricato dal Comune dei lavori di manutenzione della scuola elementare – accedendo al bagno riservato alle bambine, sprovvisto di chiavi, per ragioni di sicurezza;
b) assente qualunque forma di sorveglianza, stante la non emersione istruttoria dell’attivazione della stessa;
c) il carattere doveroso della sorveglianza – da predisporsi da parte dell’amministrazione della scuola, cui corrisponde la legittimazione passiva del Ministero per via del rapporto organico con il personale al fine di prevenire danni di qualsiasi genere agli alunni, che possono derivare dai comportamenti dei minori, dalla pericolosità delle cose, dalla stessa incapacità dei minori di valutare situazioni di pericolo;
d) che l’assenza di sorveglianza ha agevolato l’azione criminosa, contribuendo al verificarsi dell’evento, «pur considerando l’imprevedibilità dell’azione criminosa».
2.1. Le suddette argomentazioni sono censurate attraverso la prospettazione di vizi motivazionali, con i motivi di ricorso (primo e secondo), nei quali, i momenti di sintesi – richiesti secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità dall’art. 366 bis. cod. proc. civ., applicabile ratione temporis – sono enucleabili attraverso i differenziati caratteri grafici usati, anche se, non espressamente qualificati come tali.
In particolare, con il primo motivo si deduce insufficiente motivazione. Si sostiene che la Corte di merito avrebbe insufficientemente motivato nel negare il difetto di legittimazione passiva del Ministero, atteso che, stante l’invocata responsabilità, ex art. 2049 cod. civ., da parte degli attori, avrebbe dovuto riconoscere come tenuto al risarcimento – oltre all’autore del fatto criminoso – il Comune di Tivoli, committente dei lavori di manutenzione e datore di lavoro del personale ausiliario, tenuto alla sorveglianza all’interno dell’istituto scolastico.
Con il secondo motivo si deduce contraddittorietà della motivazione. Essenzialmente, si censura la sentenza per aver contraddittoriamente ritenuto l’evento (la possibilità che un operaio potesse violentare una bambina) imprevedibile e nello stesso aver ritenuto la mancata organizzazione della sorveglianza (nei pressi dei bagni anche per evitare in genere situazioni di pericolo tra gli stessi alunni) una causa che ha contribuito al verificarsi dell’evento. Inoltre, si censura la ritenuta mancanza di prova in ordine alla predisposizione di adeguata vigilanza, sostenendo che la Corte di merito avrebbe posto alla base della decisione documentazione riferita a periodo precedente il fatto.
2.2. I motivi, per la stretta connessione esaminabili congiuntamente, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
2.3. E’ inammissibile il profilo, prospettato nel primo motivo, concernente il mancato riconoscimento della responsabilità del Comune ex art. 2049 cod. civ., collegandosi al terzo motivo, di cui si è detto, e per essere prospettato come difetto motivazionale quello che avrebbe astrattamente potuto rilevare come violazione e falsa applicazione di norme di legge.
E’ inammissibile il profilo del secondo motivo, dove si censura la valutazione, da parte della Corte, di documentazione irrilevante temporalmente rispetto all’obbligo di vigilanza in capo al Ministero, atteso che – anche a prescindere dalla circostanza che il giudice di merito non fa alcun cenno a tale documentazione – risulta violato l’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., non essendo la stessa documentazione riprodotta, per la parte di interesse, né risultando indicato in ricorso quando la stessa fu prodotta e dove è reperibile negli atti processuali.
2.4. Per il resto i due motivi in argomento sono infondati.
Costituisce principio consolidato che l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni (anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso). Nonché, che è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ.; sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante (da Sez. Un. 27 giugno del 2002, n. 9346, ex plurimis, Cass. 15 febbraio 2011, n. 3680).
2.4.1. Al fine di adempiere l’obbligazione di vigilanza sulla sicurezza e incolumità degli alunni, la predisposizione degli accorgimenti necessari da parte della direzione scolastica, non può non essere strettamente legata alle circostanze del caso concreto: da quelle ordinarie, tra le quali l’età degli allievi, che impone una vigilanza crescente con la diminuzione dell’età anagrafica; a quelle eccezionali, tra le quali può certamente ricomprendersi, come nella specie, l’esistenza di lavori di manutenzione dell’immobile, che implicano la prevedibilità di pericoli derivanti dalle cose (cantiere aperto) e da persone estranee alla scuola e non conosciute dalla direzione didattica, ma autorizzate a circolare liberamente per il compimento della loro attività.
Né alcun rilievo può avere, come sembra ipotizzare il Ministero, la circostanza che committente dei lavori di manutenzione fosse il Comune, e che il personale non docente, che opera nella scuola, sia legato, al Comune dal rapporto di lavoro dipendente. Perché, una volta che l’appalto sia stato affidato e il personale, non docente che opera all’interno della scuola abbia tra le proprie mansioni quella di vigilanza nei confronti di estranei, spetterà alla direzione didattica, responsabile dell’organizzazione scolastica, predisporre una vigilanza più attenta (impartendo le idonee direttive al personale ausiliario) in considerazione dell’evento non ordinario della presenza di persone non conosciute all’interno dell’edificio.
Così, se è vero che rientra nell’ambito dei comportamenti patologici (in quanto tali eccezionali) il caso di adulti che abusino sessualmente di minori (in tal senso va intesa l’imprevedibilità di cui parla la Corte di merito), è altrettanto vero è che la mancata organizzazione della sorveglianza (nei pressi dei bagni), che avrebbe dovuto essere, predisposta più accuratamente per la presenza autorizzata di estranei nell’edificio, ha contribuito al verificarsi dell’evento. Mentre, l’amministrazione non ha adempiuto all’onere di dimostrare di aver predisposto gli accorgimenti idonei ad evitare l’evento.
2.5. In conclusione, il ricorso principale è rigettato. Consegue l’assorbimento del ricorso incidentale, espressamente condizionato all’accoglimento del ricorso principale.
3. Le spese processuali, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza; in ordine al quantum, liquidato come da dispositivo, rileva la mancata partecipazione alla fase decisoria del giudizio da parte del Comune.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna il Ministero ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione: in favore di A.S., che liquida in Euro 14.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge; in favore del Comune di Tivoli, che liquida in Euro 9.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.