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Molto spesso, mi sono trovato ad assistere clienti nella redazione di termini e condizioni per siti web. In questo post esamineremo alcune delle principali questioni legali.

Termini e condizioni per siti web: l’imputazione della dichiarazione del contraente

Un primo profilo da analizzare concerne l’imputazione della dichiarazione a chi appare esserne l’autore. Per spiegarmi meglio, la conclusione di un contratto “tradizionale” presuppone il preventivo scambio di proposta ed accettazione, entrambe corredate dalla sottoscrizione autografa (ossia, più comunemente, dalla firma) di chi effettua la dichiarazione negoziale. Nell’ampio settore dei contratti a distanza, invece, la sottoscrizione autografa viene sostituita dalle cd. firme elettroniche o, più frequentemente, dalla conclusione del contratto tramite “point & click”.

Si pone, a questo punto, il problema di comprendere se, ed in quale misura, questa dichiarazione negoziale possa essere riconducibile a chi manifesti l’intenzione negoziale di acquistare un bene e/o un servizio via web. La questione è stata ampiamente illustrata da TARICCO R., Volontà e accordo nella contrattazione telematica, NGCC 2003, pp. 201 ss. In sostanza, ciò che l’Autore evidenzia (e che, sostanzialmente, condivido) è che si tende ad imputare la dichiarazione telematica al titolare del computer sulla base dei principi di autoresponsabilità e affidamento. In poche parole, se il contraente ha manifestato la propria identità (es. compilando il form), ha fornito un proprio codice identificativo (es. un pin) e ha fornito i dati della propria carta di credito si potrebbe effettivamente ricondurre una determinata dichiarazione negoziale ad un soggetto individuato (o, quantomeno, individuabile).

Termini e condizioni per siti web: la conclusione del contratto tramite point&click

Non vi è dubbio, che nell’esperienza corrente, la modalità più comune per la conclusione del contratto telematico, sia quella del point and click, ossia mediante la pressione del cd. “tasto negoziale virtuale”. Esso consiste, solitamente, di un bottone al quale è ricollegata un’azione di tipo “submit” (invio dati al server).

Facciamo un semplice esempio:

I tuoi dati:

I tuoi prodotti:

Libro A (€ 10,00)

Libro B (€ 12,00)

Come potete vedere, si tratta di un semplice form di contatto, dove, per semplicità, si richiedono unicamente alcuni dati personali dell’utente (nome, cognome) e la tipologia di prodotto prescelta. Il click sul tasto negoziale “accetto” produce, quale effetto immediato, l’invio dei dati al server.

Di seguito, il codice sorgente del nostro esempio

<form action=”prova.php”>

<fieldset>

<legend>I tuoi dati:</legend>

<label> inserisci il tuo nome

<input type=”text” name=”nome” />

</label>

<label> inserisci il tuo cognome

<input type=”text” name=”cognome”/>

</label>

</fieldset>

<fieldset>

<legend>I tuoi prodotti:</legend>

<label>

<input type=”radio” name=”libro” value=”libroA”/> Libro A (€ 10,00)

</label>

<label>

<input type=”radio” name=”libro” value=”libroB”/> Libro B (€ 12,00)

</label>

</fieldset>

<input type=”submit” value=”accetto” />

</form>

Dal punto di vista giuridico, la dottrina, sostanzialmente, concorda sul fatto che la pressione del tasto negoziale è idonea alla conclusione del contratto (v. TARICCO, op. cit., p. 225). Si discute, semmai, sul fatto se essa costituisca un’accettazione espressa (ROGNETTA, Il commercio elettronico, 2000) ovvero un comportamento concludente (SARZANA DI S.IPPOLITO, Approvata la direttiva sul commercio elettronico, 2000). Ciò che conta è che sia pacifica la possibilità di concludere un contratto mediante inoltro dell’ordine con modalità telematiche.

Il legislatore, con riferimento a tali materie, si è limitato a prescrivere che, nel caso di inoltro di un ordine per via telematica, sia inviata all’utente una ricevuta dell’ordine (anch’essa per via telematica, per es. una mail) contenente un riepilogo delle condizioni generali applicabili al contratto (art. 13 D.lgs 70/2003, in materia di commercio elettronico). Inoltre, con il D.lgs 6 settembre 2005, n. 206 (“Codice del consumo”) si è chiarito, definitivamente, che un ordine può essere inoltrato per via telematica mediante la pressione di un pulsante con la dicitura (rectius l’attributo value) “ordine con obbligo di pagare” o equivalenti.

Ai sensi, dell’art. 51 del Codice del Consumo, poi, dovrà essere fornita al consumatore la conferma del contratto concluso su un mezzo durevole, che dovrà rispettare specifiche prescrizioni contenutistiche.

La validità del contratto telematico concluso tramite point&click è stata, comunque, riconosciuta anche dalla giurisprudenza di merito, quanto meno, con riferimento ai contratti a forma libera (V. Trib. Catanzaro, 30 aprile 2012).

Termini e condizioni per siti web: le condizioni generali

Solitamente, l’acquisto di beni e/o servizi online, come è noto, avviene mediante moduli e/o condizioni generali predisposti unilateralmente dal fornitore. Trova applicazione la disciplina generale di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c., nonché la disciplina speciale prevista dal codice del consumo.

Con riferimento alla disciplina generale del codice civile, va precisato che le condizioni generale di contratto sono efficaci nei confronti dell’altro contraente se questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle utilizzando l’ordinaria diligenza.

Nella stragrande maggioranza dei casi, si richiederà all’utente di cliccare su una checkbox prima di azionare il tasto negoziale.

Esempio pratico:

Codice HTML

<label>

<input type=”checkbox” name=”TC” value=”yes” required/> Accetto le <a href=””>condizioni generali</a>

</label>

Termini e condizioni per siti web: l’informativa sulla protezione dei dati personali

Analogamente alle condizioni generali, si dovrebbe richiedere il consenso al trattamento dei dati personali, previa informativa all’Utente sulle finalità e sulle modalità del trattamento. Sarebbe preferibile richiedere un consenso separato (una seconda checkbox). Al riguardo, secondo l’opinione ormai consolidata del garante, il consenso al trattamento dei dati personali (non sensibili) può ben essere fornito mediante il click su un’apposita checkbox.

Questa modalità è espressamente consentita dalla Direttiva 2002/58/CE, secondo cui “Il consenso può essere fornito secondo qualsiasi modalità appropriata che consenta all’utente di esprimere liberamente e in conoscenza di causa i suoi desideri specifici, compresa la selezione di un’apposita casella nel caso di un sito internet”. Il Garante, inoltre, con il provv. “linee guida in materia di attività promozionale e contrasto allo spam” (docweb 2542348, pubblicato sulla G.U. 174 del 26 luglio 2013), ha precisato che, ai fini della documentazione del consenso espresso, sarebbe preferibile “l’invio di una apposita e-mail al suo indirizzo di posta elettronica con la quale si chiede di confermare la propria identità cliccando su un apposito link.”

Soluzioni come la semplice conservazione dell’indirizzo I.P. del soggetto che ha fornito il consenso, invece, non sono state ritenute idonee ai fini della documentazione del consenso, in assenza di ulteriori elementi (cfr. Provv. 11 febbraio 2016, docweb 4885578)

Termini e condizioni per siti web: l’approvazione delle clausole “onerose” ex art. 1341 comma 2°.

Proseguiamo la nostra analisi, con la questione, probabilmente, più “spinosa” della conclusione dei contratti online: l’approvazione delle clausole “onerose” (anche conosciute come clausole vessatorie).

Le clausole “onerose” sono individuate dall’art. 1341 comma 2° (il Codice del Consumo ne individua altre, con specifico riferimento ai soli consumatori) e possono essere definite come quelle clausole che aggravano la posizione dell’aderente rispetto alla disciplina legale del contratto cui ineriscono (BIANCA, Diritto civile, 351). Queste clausole necessitano di una specifica approvazione per iscritto.

La domanda che, a questo punto, occorre porsi è la seguente: come si concilia la necessità di una approvazione per iscritto con la modalità di conclusione del contratto tramite point & click?

La soluzione universalmente accolta dalla prassi è quella di prevedere una doppia checkbox, una per le condizioni generali ed una per le clausole onerose.

Di seguito un possibile esempio:



Codice html

<label>

<input type=”checkbox” name=”TC” value=”yes” required/> Accetto le <a href=””>condizioni generali</a>

</label>

<label>

<input type=”checkbox” name=”TConerose” value=”yes” required/> Ai sensi dell’art. 1341 e 1342 dichiaro di approvare specificamente

le clausole 4 (limitazioni di responsabilità) 6 (rinnovo automatico).

</label>

<input type=”submit” value=”accetto” />

La suddetta soluzione era stata avallata da una risalente (ma famosa) pronuncia di un giudice di pace siciliano (G.d.P. di Partanna, 1 febbraio 2002, con nota di CASSANO-CIMINO, Contratto via internet e tutela della parte debole, I Contratti, 2002, p. 870 ss.). Nella richiamata pronuncia, infatti, era stato precisato che un doppio click di accettazione avrebbe integrato nella contrattazione telematica la doppia sottoscrizione imposta dall’art. 1341 c.c., per l’approvazione delle clausole vessatorie.

Tuttavia, è stata anche sostenuta una soluzione diametralmente opposta (e fortemente pericolosa per gli standard della rete). Infatti, il Tribunale di Catanzaro, con una altrettanto celebre sentenza (30 aprile 2012) ha ritenuto che, ai fini della specifica sottoscrizione per iscritto delle clausole vessatorie, non fosse sufficiente neppure la cd. doppia spunta ma si dovesse ricorrere necessariamente alla firma digitale (nel testo, erroneamente, si parla di firma digitale debole che non esiste).

Non si rinvengono, attualmente, nuove pronunce giurisprudenziali sul tema.

Si presenta, quindi, il problema per l’operatore della rete di individuare la giusta soluzione che consenta di controbilanciare il rigore normativo con la UX.

A mio modesto avviso, correttamente la soluzione deve essere inquadrata nei binari tracciati dalla normativa del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) in materia di firme elettroniche. Noi sappiamo, ad oggi, che il CAD distingue tra: i) firma elettronica semplice; ii) firma elettronica avanzata (FEA); iii) firma elettronica qualificata; iv) firma digitale.

Ciascuna delle summenzionate firme elettroniche si caratterizza per uno specifico regime giuridico. Senza voler entrare nel dettaglio (riserveremo uno specifico post sul tema) possiamo limitarci ad affermare che, per i contratti ad oggetto “immobiliare” (cfr. art. 1350 nn. 1-12) è necessaria, a pena di nullità, la sottoscrizione con firma elettronica qualificata o digitale. Invece, per i contratti di cui all’art. 1350 n. 13 (“altri atti specialmente indicati dalla legge”) potrà essere impiegata anche la firma elettronica avanzata, per soddisfare il requisito formale previsto per legge.

Perché ho effettuato questo riferimento all’art. 1350 c.c.? Perché, secondo la giurisprudenza consolidata di Cassazione, l’approvazione specifica per iscritto delle clausole vessatorie può essere considerata alla stregua di un requisito formale previsto ad substantiam (ossia per la validità del contratto). Sul punto, da ultimo, V. Cass. Civ. Sez. III, 14 luglio 2009, n. 16394, secondo cui La mancata specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose del contratto indicate nell’art. 1341 cod. civ. ne comporta la nullità, eccepibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ivi compresa la fase di legittimità dinanzi alla Corte di cassazione, semprechè i presupposti di fatto della detta nullità (carattere vessatorio della clausola ed inesistenza della prescritta approvazione specifica) risultino già acquisiti agli atti del processo. Di conseguenza, come è stato, condivisibilmente, chiarito (V. G. ARANGUENA, Sospensione di un account su ebay: il contratto telematico B2B tra accettazione point and click e tutela dell’accesso al mercato del commercio elettronico, in Dir.Inf 2012) l’approvazione delle clausole vessatorie dovrebbe essere ricondotta al regime applicativo dell’art. 1350 c.c., con tutte le conseguenze di legge. Con l’approvazione del D.lgs 235/2010 che ha introdotto nel sistema normativo del CAD la cd. firma elettronica avanzata, è stata sostenuta (a mio avviso coerentemente) la possibilità di sottoscrivere le clausole vessatorie anche con tale tipologia di firma elettronica (v. PIGLIANTINI S., La modificazione unilaterale del contratto asimmetrico secondo la Cassazione in Contratti, 2012).

Per cui nel vigore dell’attuale disciplina ed, in considerazione dei più consolidati orientamenti giurisprudenziali, le clausole vessatorie ex art. 1341 c.c., II° comma, dovrebbero essere approvate con firma digitale o elettronica qualificata o avanzata.

Termini e condizioni per siti web: l’approvazione delle clausole “onerose” ex art. 1341 comma 2° a seguito di eIDAS

Quanto sopra affermato potrebbe diametralmente modificarsi con la prossima approvazione del Decreto Legislativo di modifica del CAD, in virtù della definitiva attuazione del Regolamento europeo sull’identificazione elettronica (eIDAS) che, come noto, è pienamente efficace dal 1 luglio. Senza dilungarci eccessivamente nell’esame della normativa richiamata, possiamo semplicemente affermare che il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 27 gennaio 2016, aveva approvato uno schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al codice dell’amministrazione digitale. Sostanzialmente, il Governo ha proposto una modifica rilevante della disciplina delle firme elettroniche, attribuendo piena idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta anche alla firma elettronica semplice (definita da eIDAS come i “dati in forma elettronica acclusi oppure connessi tramite associazione logica e utilizzati dal firmatario per firmare”). Novità che, tuttavia, non ha riscosso il plauso del Consiglio di Stato che, con parere del 17 marzo 2016 ha espresso perplessità sul nuovo “valore giuridico” della firma elettronica.

Comunque, il regolamento eIDAS, a prescindere da come verrà effettivamente attutato dal nostro legislatore, probabilmente comporterà delle semplificazioni con riferimento al tema di nostro interesse.

Mi rimane, tuttavia, difficile credere che – a prescindere da un eventuale intervento legislativo o da qualche significativa pronuncia giurisprudenziale – possa equipararsi il click su una checkbox a una firma elettronica. La definizione di firma elettronica contenuta in eIDAS (che, in realtà, riprende quella del vecchio CAD) prevede sempre un’associazione di dati in forma elettronica ad altri dati, utilizzati dal firmatario per firmare. Probabilmente potrebbe ammettersi l’utilizzo di un PIN specifico o di una password ai fini della conferma delle clausole vessatorie (nonostante, anche su questo punto, la dottrina non sia concorde), trattandosi di un’azione molto più vicina “logicamente” alla sottoscrizione di un documento. Permangono forti dubbi (anche se la prassi nazionale ed internazionale non depone in tal senso) sulla semplice utilizzabilità di una checkbox.

Il click su una checkbox, come è già stato illustrato, comporta esclusivamente l’attribuzione di uno specifico valore ad un campo (Es. in Javascript si parla di campo “checked”, in PHP, si può utilizzare una relazione di uguaglianza, del tipo if($_POST[“condizioni”] == “yes”) …). Risulta, pertanto, difficile riscontrare nel click su una checkbox caratteri propri di una firma “robusta” quali la connessione univoca al firmatario, il controllo esclusivo del firmatario ecc. Tanto è che, spesso, con un semplice codice HTML si può anche configurare il sistema prevedendo una sorta di “preselezione” automatica dei relativi campi, con l’ovvia conseguenza che l’utente non sarebbe neppure chiamato ad esprimere la propria volontà.

Laddove, tuttavia, si volesse, comunque, ricorrere al meccanismo della doppia checkbox (pur con tutte le criticità sopra evidenziate) sarà imprescindibile precostituire una prova rigorosa dell’avvenuta doppia approvazione da parte dell’Utente. Poiché i dati del form verranno inviati al server (come da esempio sopra), a mio avviso, sarà imprescindibile:

  • Utilizzare appositi strumenti di validazione (come il tag html5 required, oppure utilizzando una libreria esterna come jQuery.validate) per impedire all’utente di inviare il form senza accettazione delle clausole onerose;
  • Inviare all’utente, immediatamente dopo la pressione del tasto negoziale, una email di riepilogo, con allegate le condizioni generali accettate dall’utente in formato non modificabile (se, possibile, con un’ulteriore richiesta di conferma dell’ordine effettuato);
  • Salvataggio su un apposito database, nel rispetto delle prescrizioni di legge sulla conservazione sostitutiva dei documenti informatici, di appositi record relativi al processo effettuato: i) invio form e risposte dell’utente (comprese le spunte apposte alle checkbox); ii) click sulla mail di riepilogo; iii) indirizzo I.P utilizzato dall’utente durante il processo

Termini e condizioni per siti web: regole speciali per i consumatori

Nel caso in cui l’utente sia qualificabile come consumatore (ossia come soggetto che agisce per scopi estranei alla propria attività professionale o imprenditoriale) troveranno applicazione le ulteriori regole previste dal Codice del Consumo.

Il Codice del Consumo, oltre a richiedere che al consumatore sia inviata una conferma dell’ordine effettuato e delle condizioni generali applicabili su un mezzo durevole, immediatamente dopo la conclusione del contratto e che gli sia fornita un’idonea informativa sul diritto di recesso, prevede alcune regole speciali in materia di clausole vessatorie.

Per essere più precisi, l’art. 33 prevede una serie di clausole che si presumono vessatorie, fino a prova contraria, come, ad esempio, la facoltà di modifica unilaterale delle condizioni generali (lett. m). Ai sensi dell’art. 36, le clausole vessatorie sono radicalmente nulle. Viene, tuttavia, data la possibilità al professionista di dimostrare la non vessatorietà della clausola, conseguente al fatto che vi sia stata una “trattativa individuale”.

L’interpretazione della nozione di trattativa individuale non è particolarmente semplice. Secondo la Cassazione, Ord., 26 settembre 2008, n. 24262, la trattativa tra consumatore e professionista deve possedere i caratteri della: i) individualità, ii) serietà, iii) effettività. E, ai fini di nostro interesse, si afferma che: “la mera approvazione per iscritto di una clausola sono inidonee ai fini della prova positiva della trattativa, sia quale fatto storico che della relativa effettività, e pertanto dell’idoneità della medesima a precludere l’applicabilità della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo”. In questo senso, la dottrina successiva (FARNETI M., Della trattativa individuale: ancora delucidazioni da parte dei giudici di legittimità, NGCC 2011) ha evidenziato come la ratio del legislatore delegato fosse quella di attribuire al consumatore una tutela effettiva e non meramente formale, nel senso del riscontro di un’effettiva possibilità, garantita al consumatore, di riuscire ad incidere sulla formulazione delle clausole.

Più, nel dettaglio, la Cassazione Civile, di recente (Sent. 10 luglio 2013, n. 17083), ha avuto modo di specificare che la disciplina del Codice del Consumo è ben differente da quella di cui all’art. 1341 c.c. Per utilizzare le parole della Suprema Corte: “l’onerosità ex art. 1341 c.c., comma 2, attiene a contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell’utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, mentre la disciplina di tutela del consumatore posta dal c.d. Codice del consumo (e già prima dall’art. 1469 bis cod. civ. e segg.) è di comune e generale applicazione, non avendo riguardo solamente a contratti conclusi mediante moduli o formulari unilateralmente predisposti – in vista dell’utilizzazione per una serie indefinita di rapporti – da uno dei contraenti, ma anche al contratto dal professionista predisposto in vista della singola stipula per lo specifico affare (v. Cass., 20 marzo 2010, n. 6802; Cass., 27 febbraio 2009, n. 4914; Cass., 26 settembre 2008, n. 24262).”

Cosa implica questo principio per la contrattazione online B2C?

Molto semplicemente, la mera approvazione specifica di una clausola vessatoria (così come individuate dall’art. 33 del codice del consumo) non sarà sufficiente per provare che la medesima sia stata oggetto di trattativa individuale. Da ultimo, V., anche, T. Mestre 9-10-2015, “La specifica approvazione per iscritto di una clausola vessatoria effettuata dal consumatore mediante sottoscrizione del modulo predisposto dal professionista non è, infatti, sufficiente a provare che la clausola sia stata oggetto di trattativa individuale e ad escluderne di conseguenza la presunta vessatorietà, occorrendo all’uopo che il professionista dimostri che le condizioni di contratto potevano essere negoziate e quindi modificate, anche se poi in concreto non è avvenuta nessuna modifica.”

Di conseguenza, sarà necessario per il redattore dei termini e condizioni per il sito web verificare se sia necessario inserire clausole vessatorie ex art. 33 del Codice del Consumo (che sono un insieme di clausole più specifiche rispetto a quelle di cui all’art. 1341 II° comma c.c.) e, in caso positivo, dovrà tenersi in considerazione la possibilità che tali clausole siano nulle e quindi improduttive di effetti, anche in presenza di una doppia sottoscrizione!

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