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Caso

Un condomino richiedeva l’intervento della propria assicurazione per un danno da infiltrazioni d’acqua causato all’appartamento dei vicini.

L’assicurazione incaricava il proprio perito, il quale effettuava un sopralluogo all’interno dell’immobile dei danneggiati, raccogliendo alcuni dati personali degli stessi, tra cui l’IBAN.

Il perito faceva sottoscrivere ai danneggiati un’informativa privacy in cui era evidenziato che i dati personali raccolti sarebbero stati comunicati alla compagnia di assicurazione per consentire a quest’ultima di istruire la pratica.

Liquidato il sinistro, l’assicurazione inviava una comunicazione al proprio cliente, avvisandolo di aver risarcito il danno, ma tale comunicazione contenteva alcuni dati personali dei danneggiati, tra cui il codice IBAN.

I condomini danneggiati venivano a conoscenza della suddetta lettera (e del suo contenuto) nel corso di un’assemblea di condominio e decidevano di citare in giudizio la compagnia di assicurazione per avere effettuato un trattamento di dati illecito.

Costituitasi in giudizio, l’assicurazione si difendeva sostenendo che:

  • il trattamento di dati personali era da considerarsi lecito, in quanto la comunicazione era stata effettuata al proprio assicurato per adempiere alle obbligazioni derivanti dal contratto di assicurazione;
  • non poteva essere considerata responsabile per la successiva diffusione dei dati personali effettuata dal proprio assicurato (per tale ragione, la compagnia di assicurazione chiamava in causa il proprio cliente, chiedendo di essere manlevata da quest’ultimo nel caso in cui venisse dichiarata responsabile).

Ordinanza Cassazione n. 4475/2021

Investita della causa, la Suprema Corte rileva come la condotta della compagnia di assicurazione sia da ritenersi illecita, avendo l’operazione di trattamento dei dati personali dalla stessa effettuata violato i principi di “proporzionalità, pertinenza e non eccedenza” (cd. principio “minimizzazione” secondo il Regolamento UE 2016/679 – GDPR ).

Secondo i Giudici di Piazza Cavour, infatti, si sarebbe potuto perseguire il medesimo scopo senza comunicare al proprio assicurato il codice IBAN dei danneggiati.

Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto ammissibile la chiamata in causa del proprio assicurato da parte della compagnia, in quanto la condotta dello stesso, pur non facendo venir meno la responsabilità dell’assicurazione, potrebbe ad ogni modo aver contribuito al verificarsi dei danni.

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