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Sanzione disciplinare legittima in occasione di gravi violazioni non incluse all’interno del codice disciplinare: il torno subito

La dichiarazione espressa di riconciliazione preclude il divorzio anche se la convivenza non viene ripristinata

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In tema di sanzioni disciplinari, la garanzia di pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti non si applica laddove il provvedimento disciplinare faccia riferimento a situazioni che concretizzano una violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro.

Antefatto. Il Sig. ***, in servizio presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Benevento, si rivolge al Tribunale di Benevento al fine di sentir dichiarare le nullità della sanzione disciplinare irrogatagli,sospensione dal servizio, con privazione della retribuzione per due giorni, per non esser stato trovato sul posto di lavoro in occasione di un controllo datoriale e, per sentir condannare il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla corresponsione della retribuzione trattenutagli ed al risarcimento del danno.

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Benevento respinge la domanda.

Tuttavia, la Corte d’Appello di Napoli, Sez. Lavoro, accogliendo il ricorso, annullava la gravata decisione, dopo aver constatato la violazione dell’obbligo di affissione del codice disciplinare, ex art. 7 della legge n. 300/70.

L’Agenzia delle Entrate propone, dunque, ricorso in Cassazione, affidando l’impugnazione ad un unico motivo di censura.

Il punto. L’ingiustificata assenza dal servizio del lavoratore costituisce un’infrazione ai doveri disciplinari e dunque alle basilari norme deontologiche per cui non si rende necessaria la previa affissione del codice disciplinare?

La decisione. La Corte di Cassazione con la pronuncia n. 9644 del 13 giugno 2012 ha cassato la sentenza impugnata, rilevando come la riscontrata assenza ingiustificata del dipendente sul luogo di lavoro concretizza la violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, per cui non si imponeva, nel caso in specie, la garanzia della pubblicità del codice disciplinare, ai fini della validità della sanzione irrogata.

A maggior ragione, ciò vale quando non si tratti di licenziamento ma di sanzione disciplinare conservativa.

Il licenziamento disciplinare – Obiter dictum. I comportamenti del lavoratore costituenti gravi violazioni dei doveri fondamentali sono sanzionabili con il licenziamento disciplinare, a prescindere sia dalla loro inclusione all’interno del codice disciplinare sia dal difetto di affissione dello stesso. Il tutto però con la ligia osservanza delle garanzie previste dall’art. 7.I e III, dello Statuto dei lavoratori.

Conclusione. La garanzia di pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti non si applica laddove il provvedimento disciplinare faccia riferimento a situazioni che concretizzano una violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro.

Ciò che dunque va considerato preminente è la violazione dei doveri fondamentali da parte del lavoratore. Tale preciso aspetto mette in secondo piano la garanzia della pubblicità del codice disciplinare.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 13 marzo – 13 giugno 2012, n. 9644

D’A.P., in servizio presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Benevento, adì il giudice del lavoro del Tribunale di Benevento per sentir dichiarare la nullità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio, con privazione della retribuzione per giorni due, inflittagli il 14/12/2000 per non essere stato trovato sul posto di lavoro in occasione di un controllo, e per sentir condannare il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla corresponsione della retribuzione trattenutagli ed al risarcimento del danno.
Il giudice adito respinse la domanda.

Con sentenza del 30/9 – 27/11/09 la Corte d’appello di Napoli – sezione lavoro ha accolto l’appello proposto dal D’A., ha dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare, annullandola, dopo aver rilevato la violazione dell’obbligo di affissione del codice disciplinare di cui all’art. 7 della legge n. 300/70, ed ha condannato l’Agenzia delle entrate di Benevento al risarcimento del danno ed alle spese del doppio grado del giudizio che sono state, invece, compensate rispetto al Ministero. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’Agenzia delle Entrate, che affida l’impugnazione ad un unico motivo di censura.
Resiste con controricorso il D’A.

Motivi della decisione

Preliminarmente va respinta l’eccezione di improcedibilità del ricorso per inosservanza del termine breve per la sua notifica, così come formulata dal controricorrente.

Questi sostiene che a fronte della notifica della sentenza all’Avvocatura dello Stato in data 22-2-2010, la difesa erariale ha presentato il ricorso di legittimità per la sua notifica solo in data 22-6-2010, cioè oltre il termine breve di cui al combinato disposto degli artt. 325-326 c.p.c.

Tuttavia il contro-ricorrente omette di segnalare che, in realtà, la ricorrente provvide a depositare tempestivamente per la

prima volta all’ufficiale giudiziario il ricorso per la notifica in data 10/4/2010, così come emerge dagli atti, e che tale notifica, non andata a buon fine per irreperibilità del destinatario, fu ripetuta con successo il 28/6/2010 allo stesso indirizzo di Napoli, via Toledo n. 116, presso il medesimo procuratore domiciliatario. Ne consegue che nessuna negligenza può essere attribuita alla difesa dell’ente notificante in merito agli adempimenti per la corretta notifica dell’atto, per cui su quest’ultimo non possono ricadere le conseguenze di una notifica avvenuta oltre il suddetto termine breve per motivi del tutto indipendenti dalla sua volontà.

Si è, infatti, statuito (Cass. sez. un. n. 3818 del 18/2/2009) che “in tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica – arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione. Ove, peraltro, la notifica in detti luoghi abbia avuto ugualmente esito negativo per caso fortuito o forza maggiore (per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio o per il ritardo della sua annotazione ovvero per la morte del procuratore o, comunque, per altro fatto non imputabile al richiedente attestato dall’ufficiale giudiziario), il procedimento notificatorio, ancora nella fase perfezionativa per il notificante, può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice “ad quem”, corredata dall’attestazione dell’omessa notifica, di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione ovvero, ove la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportare la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, per la rinnovazione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 164 cod. proc. civ.”.

Con un solo motivo di censura la difesa erariale imputa al giudice d’appello la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in relazione ad un fatto decisivo del giudizio ai sensi dell’ art. 360, n. 5 c.p.c.

Assume la ricorrente che, da una parte, il giudice d’appello afferma che l’ingiustificata assenza dal servizio del lavoratore costituisce una infrazione ai suoi doveri principali, mentre, dall’altra, non riconosce alla violazione medesima la caratteristica di contravvenzione alle basilari norme deontologiche per le quali non si rende necessaria la previa affissione dei  disciplinare di cui all’art. 7 della legge n. 300/70.
La censura è fondata.

Invero, come ripetutamente affermato da questa Corte in tema di sanzioni disciplinari, la garanzia di pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti non si applica laddove il provvedimento disciplinare faccia riferimento a situazioni che concretizzano una violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro (v. fra tante Cass. sez. lav. n. 20270 del 18/9/2009, Cass. sez. lav. n. 4778 del 9/3/2004, Cass. sez. lav. n. 5434 del 07/04/2003).

In particolare, si è ritenuto che ai fini della validità del licenziamento intimato per ragioni disciplinari non è necessaria la previa affissione del codice disciplinare, in presenza della violazione di norme di legge e comunque di doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione; ne consegue che i comportamenti del lavoratore costituenti gravi violazioni dei doveri fondamentali sono sanzionabili con il licenziamento disciplinare a prescindere dalla loro inclusione o meno all’interno del codice disciplinare, ed anche in difetto di affissione dello stesso, purché siano osservate le garanzie previste dall’art. 7, commi secondo e terzo, della legge n. 300 del 1970 (v. in tal senso Cass. sez. lav. n. 16291 del 19/08/2004).

Orbene, non può esservi dubbio sul fatto che nel caso in esame la riscontrata assenza ingiustificata del dipendente nel luogo di lavoro nel corso di un normale controllo datoriale concretizzava la violazione di alcuni dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, come quelli di rendere regolarmente la prestazione lavorativa, per cui non si imponeva nella fattispecie, ai fini della validità della sanzione irrogata, la garanzia della pubblicità del codice disciplinare. Tanto più ciò vale quando non si tratti di licenziamento ma di sanzione disciplinare conservativa.

Ne consegue che il ricorso va accolto.

La sentenza impugnata va, quindi, cassata, con rinvio del procedimento, per il riesame del merito della vicenda nel rispetto del suddetto principio, alla Corte d’Appello di Napoli che, in diversa composizione, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il procedimento alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.


Avvocato Matteo Moscioni, con studio legale in Viterbo, si occupa prevalentemente di Diritto del Lavoro, Sindacale e Relazioni Industriali.

www.avvocatomatteomoscioni.com

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