La Suprema Corte, con sentenza del 14 febbraio 2013, n. 4029, ha ribadito che sussiste il nesso causale tra il comportamento del ginecologo che suggerisce una casa di cura non idonea ad una propria paziente e non informa i colleghi della esatta situazione clinica della stessa ed i danni che la stessa subisce da un intervento praticatole in tale struttura.
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Il caso: Una giovane donna veniva sottoposta a un trattamento di stimolazione ormonale, dal proprio ginecologo, per la cura di irregolarità mestruali che non consentivano la gravidanza. Successivamente, la paziente si trovava a soffrire di una cisti ovarica, cui conseguiva il ricovero in una struttura privata, su suggerimento del ginecologo, e un intervento per l’asportazione di entrambe le ovaie.
Viene, quindi, instaurato un giudizio risarcitorio nei confronti del ginecologo curante, ritenuto responsabile dell’evento lesivo in ragione sia dell’avvenuto ricovero presso un centro non particolarmente attrezzato sia, soprattutto, della mancata informazione nei confronti dei colleghi intervenienti circa le terapie seguite dalla paziente, le sue esatte condizioni e, quindi, la necessaria valutazione di procedere ad un intervento non ablativo ma conservativo, al fine di non comprometterne le potenzialità procreative.
La questione: Nella vicenda in esame occorreva chiarire se fossero o meno addebitabili anche al ginecologo le conseguenze pregiudizievoli subite dalla paziente in seguito all’intervento ablativo posto in essere dai chirurghi della clinica privata. A tal riguardo, la Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva escluso il nesso di causalità, ritenendo che l’evento dannoso dovesse essere esclusivamente ascritto ai chirurghi, che avrebbero dovuto eseguire accurati esami e quindi rinviare l’intervento
La soluzione: Di diverso avviso la Suprema Corte, con la sentenza qui commentata. I giudici di Piazza Cavour, infatti, hanno ravvisato la condotta omissiva e negligente del medico curante, che consiglia il ricovero e non interviene per dare ai medici che operano in condizioni di urgenza le necessarie informazioni sulle cure, i farmaci assunti, la necessità di evitare interventi ablatori su un soggetto giovane ed integro e dunque in grado, se adeguatamente curato, di procreare.
Di conseguenza, richiamando i precedenti orientamenti espressi in tema di responsabilità da contatto sociale tra medico, struttura e paziente (Cass. SU 30 novembre 2001 n. 13553, Cass.sez. 3, 21 luglio 2011 n.15993 e 15 dicembre 2011 n.27000), ha ritenuto che la condotta del ginecologo, proprio in relazione all’obbligo anche deontologico di garanzia e di compartecipazione alle scelte del ricovero urgente, evidenzia una gravissima condotta negligente ed omissiva verso i medici che intendevano effettuare un intervento, che non doveva essere ablativo, ma conservativo e con tutte le attenzioni e cautele del caso, anche con il trasferimento della paziente in un ospedale attrezzato, peraltro non distante dai luoghi della clinica.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – rel. Consigliere –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25064/2010 proposto da:
F.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. CORVISIERI 46, presso lo studio dell’avvocato CAVALIERE DOMENICO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MERCATI NICOLETTA giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
P.E. (OMISSIS), MILANO ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS);
– intimati –
nonchè da:
P.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 43, presso lo studio dell’avvocato IZZO CARLO GUGLIELMO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente incidentale –
contro
F.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. CORVISIERI 46, presso lo studio dell’avvocato CAVALIERE DOMENICO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MERCATI NICOLETTA giusta delega in atti;
– controricorrente all’incidentale –
e contro
M.. (OMISSIS);
– intimati –
nonchè da:
M S.P.A. (OMISSIS) in persona del suo procuratore speciale Dott. C.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente incidentale –
contro
F.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato m ROMA, VIA C. CORVISIERI 46, presso lo studio dell’avvocato CAVALIERE DOMENICO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MERCATI NICOLETTA giusta delega in atti;
– controricorrente all’incidentale –
e contro
P.E. (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1537/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/04/2010, R.G.N. 4630/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/01/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;
udito l’Avvocato NICOLETTA MERCATI;
udito l’Avvocato ENRICA FASOLA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale, assorbiti i ricorsi incidentali.
Svolgimento del processo
I ricorsi sono stati previamente riuniti per connessione.
Per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi descrittiva ed a seguire la confutazione in diritto.
6.1. SINTESI DEL RICORSO PRINCIPALE DI F..
Nel primo complesso motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 1218 e 2043 c.c., art. 41 c.p., comma 2, artt. 113 e 115 116 e 132 c.p.c. per non avere il giudice correttamente applicato le norme in relazione al fatto illecito imputabile al medico, ginecologo di fiducia, ed in relazione alla soglia di diligenza esigibile dal medico, anche in relazione alla natura delle cure prestate, secondo gli standars di conoscenza medica all’epoca applicati.
Si aggiunge, sempre nel corpo del motivo, error in iudicando in relazione al riparto dell’onere della prova e la violazione degli artt. 113 e 115 c.p.c. con particolare riferimento ai dieta di SU 11 gennaio 2008 nn.577 in tema di responsabilità da contatto sociale che indica l’onus probandi del paziente nella prova del contatto come accesso alla prestazione sanitaria, dell’aggravamento della patologia o della insorgenza di malattia o di infezione, da imputare ad una difettosa prestazione sanitaria, come inadempimento all’obbligo di garanzia, che è intrinseco al costituirsi del rapporto tra medico e paziente o tra paziente e struttura. Con particolare riguardo al nesso di causalità, si censura la motivazione nel punto in cui ritiene di poter scindere tra la prestazione del medico curante, diretta a curare le irregolarità mestruali che impedivano lo inizio o il compimento della gravidanza, e l’intervento di urgenza praticato presso il pronto soccorso della Casa di cura San Anna di (OMISSIS), concluso rovinosamente con la asportazione delle ovaie nella giovane donna. Si rammentava la condotta omissiva ginecologo curante che evitò di informare i sanitari della Clinica in ordine alle condizioni della propria paziente o di consigliare un miglior ricovero presso una Clinica Universitaria attrezzata con divisione ostetrica ospedaliera. Si deduce che la Corte di appello, avrebbe dovuto considerare la pretesa risarcitoria sia per la responsabilità da illecito aquiliano, tenendo conto della colpa come elemento soggettivo di imputabilità, sia, in adesione del consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo i principi indicati dalle sezioni unite civili nella sentenza 11 novembre 2008 n.26973, in termini di inadempimento rispetto all’obbligo di prestazione di garanzia.
6.2. SINTESI DEL CONTRORICORSO E RICORSO INCIDENTALE DEL DR. P..
Il ginecologo nel controricorso sostiene la correttezza delle valutazioni fatte dai giudici dell’appello, anche se in contrasto con le conclusioni del consulente di ufficio, sostenute da consulenza medica di parte, in relazione alla scissione tra il fatto invalidante provocato dall’intervento presso la casa di cura, in condizioni di ricovero urgente, ed il comportamento del medico successivamente alla visita della paziente il (OMISSIS) che ì consulenti ritengono non diligente per non aver consigliato una idonea struttura ospedaliera e per non avere informato i chirurghi della clinica del trattamento praticato alla donna e della verifica delle condizioni di salute.
Deduce dunque inammissibilità e infondatezza dei motivi e deduce come unico motivo del ricorso incidentale l’error in iudicando in relazione alla compensazione delle spese dei due gradi, pur essendo, per l’esito della controversia, parte vittoriosa.
6.3. SINTESI DEL CONTRORICORSO E RICORSO INCIDENTALE DI MILANO ASSICURAZIONI. L’assicurazione sostiene le ragioni del medico, e propone due censure in via incidentale.
Una prima censura attiene all’error in procedendo per non avere la Corte di appello considerato la domanda di condanna della F. alla restituzione delle somme anticipatele dall’assicuratore, come da quietanza non meglio descritta che si assume prodotta in atti.
Una seconda censura deduce error in iudicando e in procedendo, in relazione ai principi del giusto processo di cui allo art. 11 Cost., in relazione allo art. 132 c.p.c., comma 2, sostenendosi che il decisum della Corte di appello non tiene conto della domanda di restituzione, e riproduce le conclusioni formulate in appello nella comparsa di costituzione e risposta.
6.4. Nulla aggiungono le memorie prodotte a illustrazione dei motivi.
7. CONFUTAZIONE IN DIRITTO. 7.1. ACCOGLIMENTO DEL RICORSO PRINCIPALE DI F.L..
Preliminarmente deve evidenziarsi che i ricorsi non sono soggetti, ratione temporis, al regime dei quesiti, in relazione dalla data di pubblicazione della sentenza di appello. Pertanto in relazione alla eccepita inammissibilità, come proposta dai controricorrenti, si osserva che il motivo del ricorso, pur nella sua complessità, appare conforme ai criteri di specificità e di completezza che determinano la rilevanza e completezza dei riferimenti probatori e della disciplina di legge del caso considerato dai secondi giudici in difformità dai primi, ma con una motivazione illogica e giuridicamente incoerente ai principi di i diritto affermati da questa Corte di Cassazione, e che la Corte di appello è tenuta a conoscere ed applicare, se il principio di filomachia vale come espressione della certezza del diritto. Il motivo dunque è ammissibile e specifico nelle sue censure, che percorrono le linee interpretative che questa Corte condivide, anche a sezioni semplici, dopo la magistrale lectio delle sentenze gemelle delle sezioni unite civili dell’11 novembre 2008 e successivi allineamenti conformi in punto di responsabilità da contatto sociale tra medico,struttura e paziente. Vedi, tra le significative, Cass. SU 30 novembre 2001 n. 13553, Cass.sez. 3, 21 luglio 2011 n.15993 e 15 dicembre 2011 n.27000.
Pertanto appare giuridicamente errato il ragionamento di scissione tra fatto dannoso, invalidante, eseguito in una casa di cura non attrezzata per una situazione di emergenza, e la condotta omissiva e negligente del medico curante, che consiglia il ricovero e non interviene per dare ai medici che operano in condizioni di urgenza le necessarie informazioni sulle cure, i farmaci assunti, la necessità di evitare interventi ablatori su un soggetto giovane ed integro e dunque in grado, se adeguatamente curato, di procreare. Il ginecologo di fiducia, che ha seguito nel tempo la giovane paziente prescrivendo cure a rischio di complicanze e senza mai dar conto della pericolosità delle cure sperimentate, non sembra aver dato prova di diligenza nella prestazione professionale, come ben rilevato dalle consulenze medico legali.
Ma la condotta del ginecologo, proprio in relazione all’obbligo anche deontologico di garanzia e di compartecipazione alle scelte del ricovero urgente, evidenzia una gravissima condotta negligente ed omissiva verso i medici che intendevano effettuare un intervento, che non doveva essere ablativo, ma conservativo e con tutte le attenzioni e cautele del caso, anche con il trasferimento della paziente in un ospedale attrezzato, peraltro non distante dai luoghi della clinica.
Resta allora evidente che, sotto il profilo causale, l’inadempimento del medico al dovere di cura e di compartecipazione in una situazione di emergenza, non è occasione di sventura, ma concausa, e se tale concausa ha natura omissiva, è tuttavia fattore determinante di un intervento chirurgico che avviene presso una struttura inidonea al punto che un intervento conservativo si trasforma nella lesione della integrità della giovane donna che mai avrebbe pensato e acconsentito di venire sterilizzata.
DUNQUE, emerge chiaramente, che la domanda proposta dalla F., ruota sia intorno alla responsabilità aquiliana del medico per gravissima negligenza omissiva, sia interno alla responsabilità da contatto sociale con obbligo di garanzia, in relazione alla sequela delle cure e delle medicine sperimentate nel corso dell’affidamento alla professionalità e specialità del medico ginecologo; la Corte di appello che aveva la cognizione piena del devolutum, ha disapplicato i criteri di legge sul’accertamento della responsabilità civile, a partire dal nesso di causalità che non tiene conto del fattore causale determinante della omissione anche informativa del medico di fiducia, che non collabora, ma affida la propria paziente alla inesperienza della casa di cura. Non senza rilevare che contestualmente sono state ignorate le chiare indicazioni date dalle sezioni unite citate, che contengono i dieta giurisprudenziali ormai consolidati, in ordine alla costruzione della responsabilità medica secondo principi costituzionali di garanzia per la salute dei singoli, e della collettività.
Lo accoglimento del ricorso, secondo i dieta della giurisprudenza citata e nel rispetto delle regole di legge sulla responsabilità da illecito e da contatto sociale, determina la cassazione con rinvio alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto come sopra affermati. Restano assorbiti i ricorsi incidentali. Le spese del giudizio di cassazione sono rimesse alla Corte di appello in sede di rinvio.
P.Q.M.
RIUNISCE i ricorsi, accoglie il ricorso principale, assorbiti gli incidentali, cassa in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.
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