Il legale rappresentante di una società di capitali può sporgere querela autonomamente, senza necessità alcuna di uno specifico mandato.
Lo ha stabilito, la Suprema Corte, con la Sentenza n. 16150, depositata il 2 maggio 2012.
La vicenda de qua traeva origine dalla querela sporta da un legale rappresentante di una società per azioni nei confronti di un custode della predetta società, accusato di aver sottratto un macchinario (nella specie, un escavatore) sottoposto a pignoramento.
Il custode aveva eccepito l’improcedibilità dell’azione penale per vizio della querela, in quanto, a suo dire, il diritto di querela può essere esercitato autonomamente dal legale rappresentante solo in presenza di una delibera assembleare o di un’espressa previsione statutaria.
La Cassazione, tuttavia, con la sentenza sopra richiamata, ha confermato le decisioni delle Corti territoriali (tutte sfavorevoli all’imputato) sostenendo che: per quanto riguarda la querela sporta dal legale rappresentante di una società di capitali, l’onere – stabilito dall’art. 337 c.p.p., comma 3 – dell’indicazione specifica della fonte dei poteri è adempiuto con la mera indicazione della legale rappresentanza, poiché essa comporta l’implicito riferimento alla legge quale fonte stessa. L’esercizio del diritto di querela rientra naturaliter tra i compiti del legale rappresentante di una società, senza necessità alcuna di specifico mandato. In particolare, ai sensi degli articoli 2384 e 2487 c.c., gli amministratori, che hanno la rappresentanza di una società di capitali, possono compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale (salve le limitazioni derivanti dalla legge o dall’atto costitutivo); gli stessi possono, dunque, anche curare la presentazione di un atto di querela.
In sostanza, secondo il dictum della Corte, il legale rappresentante di una società di capitali è sempre legittimato a sporgere querela, rientrando tale facoltà nel novero dei poteri conferitigli (ovvero quello di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale), fatti salvi eventuali ed espliciti divieti stabiliti dallo statuto o da una delibera assembleare.
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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 2 maggio 2012, n. 16150
(Presidente Agrò – Relatore Cortese)
Fatto e diritto
Con sentenza in data 16.09.2009 il Tribunale di Chivasso dichiarava F.S. colpevole del reato di cui all’art. 388 c.p. – per aver sottratto un escavatore affidato alla sua custodia, sottoposto a pignoramento operato a istanza della creditrice Keronafta Srl in danno della Fimoter Srl, di cui il F. era legale rappresentante – e lo condannava alla pena di mesi nove di reclusione ed Euro 300,00 di multa, oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. Tale decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Torino con sentenza in data 29.09.2010.
Ricorre personalmente il prevenuto, deducendo violazione di legge, per avere la Corte di merito erroneamente disatteso le censure relative alla procedibilità dell’azione penale con riferimento alla proposizione della querela, ritenuta invalida in quanto effettuata dalla legale rappresentante della Società di capitali persona offesa. Assume il ricorrente che, per quanto riguarda le querele proposte nell’interesse di persone giuridiche, la relativa legittimazione compete al Consiglio di Amministrazione, e non al legale rappresentante, salvo che allo stesso non sia stato attribuito specificamente tale potere dallo Statuto o da apposita e speciale delibera: situazione questa non riscontrabile nella fattispecie.
La censura è infondata. Per quanto riguarda la querela sporta dal legale rappresentante di una società di capitali, l’onere – stabilito dall’art. 337 c.p.p., comma 3 – dell’indicazione specifica della fonte dei poteri è adempiuto con la mera indicazione della legale rappresentanza, poiché essa comporta l’implicito riferimento alla legge quale fonte stessa. L’esercizio del diritto di querela rientra naturaliter tra i compiti del legale rappresentante di una società, senza necessità alcuna di specifico mandato. In particolare, ai sensi degli articoli 2384 e 2487 c.c., gli amministratori, che hanno la rappresentanza di una società di capitali, possono compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale (salve le limitazioni derivanti dalla legge o dall’atto costitutivo); gli stessi possono, dunque, anche curare la presentazione di un atto di querela.
La prospettiva suggerita dal ricorrente va dunque esattamente rovesciata, in quanto, in mancanza di un esplicito e specifico divieto statutario o assembleare di una società di capitali, l’esercizio del diritto di querela, pur trattandosi di un atto di straordinaria amministrazione, rientra tra i compiti del rappresentante legale di una società di capitali e non richiede un apposito e specifico mandato
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.