A giudizio della Corte di Cassazione il privato cittadino che offre al pubblico ufficiale la somma di 10 euro al fine di indurre questi a cancellare una contravvenzione non integra la fattispecie di reato di cui all’art. 322 c.p., ovvero l’istigazione alla corruzione.
Il fatto da cui trae origine la decisione in commento riguarda la vicenda commessa dal Sig. X il quale, dopo esseri reso autore di una infrazione del codice della strada, veniva pedissequamente fermato dai pubblici ufficiali i quali, dopo aver constatato l’infrazione compiuta, procedevano alla redazione del verbale di constatazione.
Nel frattempo, mentre i pubblici ufficiali si accingevano alla stesura del suindicato verbale di rito, il Sig. X procedeva a porre una banconota da 10 euro bene in vista sopra alla carta di circolazione consegnata agli agenti dicendogli di “pigliarsi nu café”.
In sede di giudizio di primo grado il Tribunale ha ritenuto la condotta del Sig. X, idonea ad integrare gli estremi di cui all’art. 322 c.p. ovvero ad stimolare i pubblici ufficiale a compiere un atto contrario al proprio ufficio.
Tale decisione veniva confermata successivamente dalla Corte di Appello, la quale ha ritenuto l’offerta, sebbene di modesto valore, rientrante nell’ipotesi delittuosa ivi prevista, stante anche l’emersione, in sede istruttoria, delle reiterate insistenze dell’imputato, e volte ad evitare la contestazione di una “semplice contravvenzione che solo le parti offese avrebbero potuto evitare”.
Sulla base di tali considerazioni la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 7505/2013 , ha completamente ribaltato la decisione presa dalla Corte di Appello sostenendo, a suo giudizio, che l’offerta formulata dall’imputato nei confronti dei due agenti non presentava caratteristiche tali da indurre seriamente i pubblici ufficiali compiere atti contrari al proprio ufficio. Infatti, prosegue la Cassazione, il disposto dell’art. 322 c.p. stabilisce implicitamente che l’istigazione al pubblico ufficiale, per esser tale, deve poter seriamente stimolare questi a compiere un atto contrario al proprio dovere d’ufficio, attraverso la proposizione nei suoi confronti di una offerta economicamente rilevante rispetto al valore dell’illecito commesso.
Nella fattispecie, la somma di 10 euro essendo particolarmente irrisoria rispetto al valore complessivo della contravvenzione non costituisce, a giudizio della Suprema Corte, una offerta in grado di stimolare il pubblico ufficiale a cancellare la contravvenzione.
Nella specie, secondo la Cassazione, la Corte di Appello ha omesso inoltre di valutare, nel proprio giudizio, anche le qualità personali e culturali dell’agente che, nel caso di specie, non avrebbero permesso al Sig. X di comprendere appieno l’illegittimità del suo gesto essendo queste idonee a sussumere il fatto nell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 341 c.p., ovvero oltraggio al pubblico ufficiale.
Tale norma, a giudizio della Corte, non potrebbe peraltro essere applicata al caso di specie poiché il fatto de quo è stato commesso prima dell’entrata in vigore della legge 69/2009, la quale ha reintrodotto il reato di oltraggio al pubblico ufficiale, oggi previsto dall’art. 341bis c.p.
Pertanto, stante le considerazioni svolte la Suprema Corte ha annullato, senza rinvio la sentenza emessa dalla Corte di Appello per l’insussistenza del fatto commesso dal Sig. X.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGRO’ Antonio – Presidente
- Dott. IPPOLITO Frances – Consigliere –
- Dott. PAOLONI G. – Consigliere
- Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere
- Dott. PATERNO’ RADDUSA B. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: D.D.E.;
avverso la sentenza n. 8798/2008 Corte Appello di Napoli, del 03/11/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 29/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Benedetto Paternò Raddusa;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Stabile Carmine, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. Salerno Marco per l’accoglimento del ricorso.
Motivazione
1. D.D.E., per il tramite del difensore fiduciario, propone ricorso avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello Napoli con la quale, ad integrale riforma della assoluzione resa in primo grado dal Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, il ricorrente è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per la contestata violazione del disposto di cui all’art. 322 c.p.p.
2. Al ricorrente è stato contestato di aver offerto a due agenti della polizia stradale la somma di Euro 10,00 al fine di indurli a compiere un atto contrario al proprio dovere di ufficio e più precisamente l’omettere la contestazione dell’infrazione al codice della strada appena commessa dal D.D. Condotta concretatasi nel porre la banconota in vista nella carta di circolazione consegnata ai due agenti, profferendo al contempo all’indirizzo degli stessi la frase “lassate stare e pigliatevi nu cafè”, ripetuta con insistenza.
3. Con la sentenza impugnata, la Corte distrettuale, andando di diverso avviso rispetto alla valutazione resa in primo
ha ritenuto l’offerta, per quanto avente ad oggetto una somma modesta, potenzialmente idonea a realizzare lo scopo conseguito dall’autore avuto riguardo alla circostanze concrete che ebbero a connotare la condotta e in particolare alla reiterate insistenze del D.D. volte ad evitare la contestazione di una semplice contravvenzione che solo le parti offese avrebbero potuto verbalizzare.
4. Con il presente ricorso la difesa lamenta erronea applicazione della legge penale, per avere la Corte sussunto il fatto nella contestata ipotesi dell’art. 322, comma 2 quando lo stesso andava ricondotto piuttosto all’egida dell’abrogato art. 341 c.p. nonchè difetto di motivazione. Secondo la difesa l’offerta formulata dal D. D. in direzione dei due agenti non presentava, per la risibilità della somma proposta per le qualità personali del destinatario e per la sua posizione economica, il connotato della serietà, indispensabile per poterla ritenere idonea, potenzialmente e funzionalmente, ad indurre il destinatario a compiere l’atto contrario a suoi doveri d’ufficio, concretando effettivamente il pericolo che lo stesso possa decidere di accertarla. Nella specie peraltro la Corte, a differenza del Giudice di primo grado, avrebbe omesso di tenere nella dovuta considerazione le qualità soggettive e culturali dell’agente, tali da non consentirgli di apprendere appieno l’illegittimità del gesto e funzionali semmai a ricostruire la vicenda in un ambito maggiormente affine al disprezzo mostrato nei confronti della funzione svolta dai due agenti, così da integrare al più l’ipotesi abrogata dell’oltraggio ex art. 341 c.p. La Corte, peraltro, avrebbe travisato il dato probatorio emergente dalle deposizioni orali mentre il riferimento alla insistenza, segnalata quale indice determinante per valutare l’idoneità dell’offerta a concretare il pericolo della accettazione, costituirebbe piuttosto indice della assoluta incapacità di percepire il disvalore del gesto. 5. Il ricorso è fondato e impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste. Ritiene infatti la Corte, in linea con un recente arresto di questa stessa sezione che qui pedissequamente si richiama (Sez. 6, Sentenza n. 3176 del 11/01/2012, Rv. 251577) che le connotazioni complessive del fatto, apprezzate unitamente all’entità della somma offerta, consentano una decisione di annullamento senza rinvio della gravata sentenza.
Invero, in tema di istigazione alla corruzione, di cui all’art. 322 c.p., la serietà dell’offerta e quindi la sua potenzialità conduttiva va necessariamente correlata alla controprestazione richiesta, alle condizioni dell’offerente e del soggetto pubblico, nonchè alle circostanze di tempo e di luogo in cui l’episodio si colloca. Ritiene la Corte che, nella specie, l’esibizione della somma di Euro 10,00, corrispondenti ad una utilità pari a Euro 5 per ciascuno dei pubblici ufficiali operanti e destinatari dell’istigazione, al fine di far loro omettere – e quindi in concreto impedire – la preannunciata contravvenzione, per la sua palese irrisorietà, possa semmai configurare il reato di oltraggio, per l’implicita offesa all’onore ed al prestigio del pubblico ufficiale destinatario della dazione stessa. Trattasi peraltro di fatto posto in essere in tempo antecedente alla novella L. 15 luglio 2009, n. 94, in vigore dall’ 8 agosto 2009, la quale ha introdotto all’art. 1, la previsione del delitto di “oltraggio a pubblico ufficiale”, oggi previsto e punito dall’art. 341 bis c.p.
Ne deriva pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013