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Il Tribunale di Ancona sollevava questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), “nella parte in cui non prevede che il diritto all’indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge ed alle condizioni ivi previste, spetti anche ai soggetti che abbiano subìto lesioni e/o infermità, da cui siano derivati danni irreversibili all’integrità psico-fisica, per essersi sottoposti a vaccinazione, non obbligatoria ma raccomandata, contro il morbillo, la rosolia e la parotite”.

La causa da cui prendeva orgine la quaestio iuris vedeva contrapporsi il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali e i genitori di una bambina, che aveva riportato danni irreversibili dopo che le era stato somministrato il vaccino “Morupar”, successivamente ritirato dal commercio.

Sosteneva in particolare il giudice di prime cure che “in difetto di una prestazione indennitaria, il soggetto danneggiato sarebbe costretto a sopportare, da solo, tutte le conseguenze negative di un trattamento sanitario effettuato non solo nell’interesse dell’individuo, ma anche dell’intera società”.

La Consulta, con la sentenza n. 107/12, ha sposato la tesi del Tribunale di Ancona, ritenendola aderente alla ratio e allo spirito della legge n. 210 del 1992, la cui funzione deve essere ricercata essenzialmente nella esigenza di dare attuazione a diritti inviolabili dell’uomo sanciti dalla Carta fondamentale e cioè, per quanto qui interessa, l’art. 2, in riferimento al diritto-dovere di solidarietà sociale, l’art. 3, sotto il profilo del riconoscimento a tutti di pari opportunità e ovviamente l’art. 32, che tutela il diritto alla salute.

I giudici costituzionali, infatti, richiamano la sentenza n. 226/00, dove era stato precisato come“la ragione giustificativa dell’indennizzo debba rinvenirsi nella tutela dell’interesse alla promozione della salute collettiva – che può venire assunto ad oggetto di un obbligo legale o di una pubblica politica di diffusione – e non già e non tanto nell’obbligatorietà in quanto tale del trattamento, che costituisce mero strumento per il perseguimento di siffatto interesse generale”.

Da ciò consegue che non vi è ragione per differenziare il caso in cui “il trattamento sanitario sia imposto per legge” da quello “in cui esso sia, in base a una legge, promosso dalla pubblica autorità in vista della sua diffusione capillare nella società; il caso in cui si annulla la libera determinazione individuale attraverso la comminazione di una sanzione, da quello in cui si fa appello alla collaborazione dei singoli a un programma di politica sanitaria”. “Una differenziazione − si è precisato − che negasse il diritto all’indennizzo in questo secondo caso si risolverebbe in una patente irrazionalità della legge. Essa riserverebbe infatti a coloro che sono stati indotti a tenere un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale un trattamento deteriore rispetto a quello che vale a favore di quanti hanno agito in forza di minaccia di sanzione” (cfr sent. n. 27/98).

Ritornando al caso specifico, infatti, la Consulta rilevava come vi fossero state “diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore della pratica di vaccinazioni”, per cui la scelta dei cittadini di sottoporsi al trattamento raccomandato era “di per sé obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo”.

Considerato, però, che l’agire era determinato dal perseguimento di un interesse collettivo, appariva equo, nel caso in cui si verificassero complicanze di tipo permanente a seguito di queste vaccinazioni, che fosse la collettività “ad accollarsi l’onere del pregiudizio individuale”.

Per questi motivi, la Corte Costituzionale “dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede il diritto ad un indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima legge, nei confronti di coloro i quali abbiano subìto le conseguenze previste dallo stesso articolo 1, comma 1, a seguito di vaccinazione contro il morbillo, la parotite e la rosolia”.

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