IL NUOVO CONTRATTO A TERMINE
D.lgs. 368/2001
Dopo le modifiche introdotte dal D.L. 34/2014 convertito nella legge n. 78/2014
Il presente schema ha lo scopo di fornire, senza pretesa di esaustività, una panoramica sul nuovo contratto a termine così come modificato dal D.L. 34/2014 (Jobs Act) convertito nella legge n. 78 del 19 maggio 2014.
In sintesi, queste sono le principali novità: scompare la “causale”, ovvero sin da ora il datore di lavoro può stipulare un contratto a termine fino a 36 mesi senza apporre alcuna giustificazione. Il legislatore ha introdotto però un tetto del 20% a tali contratti riferito al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1 gennaio dell’anno di assunzione. La violazione a tale obbligo non comporta più la conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, bensì obbliga i datori di lavoro a pagare una multa pari al 20% della retribuzione per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 gg. La sanzione aumenta sino al 50% della retribuzione se il numero di lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore ad uno. Tuttavia per i datori di lavoro che occupano sino a 5 dipendenti e comunque concesso stipulare contratti a termine senza alcun limite percentuale. Per quanto riguarda le proroghe, invece, il datore di lavoro potrà utilizzarne fino a 5, a prescindere dal numero dei rinnovi, senza apporre alcuna giustificazione, sempre nel rispetto dell’arco dei 36 mesi.
I requisiti:
- Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro;
- Eliminata la causale delle ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo;
- Non potrà superare la durata massima di 36 mesi, comprensiva di eventuali proroghe;
- L’apposizione del termine deve risultare da atto scritto a pena di inefficacia;
- Il numero complessivo dei contratti a termine stipulati da ciascun datore di lavoro non può superare il limite del 20% del numero dei lavoratori in forza a tempo indeterminato al 1 gennaio dell’anno di assunzione, fatta eccezione per i contratti stipulati tra istituti pubblici di ricerca o enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere esclusivamente attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa.
Divieto.
L’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non è ammessa:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
- presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine;
- da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.
Proroga.
Il contratto a tempo determinato, con durata iniziale inferiore a 36 mesi, può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, fino ad un massimo di 5 volte, indipendentemente dal numero dei rinnovi, nell’arco di complessivi 36 mesi purché riferibili alla stessa attività lavorativa per cui il contratto è stato stipulato. E stata abrogata la disposizione che imponeva al datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza di ragioni idonee a giustificare la proroga.
I limiti.
L’individuazione di limiti quantitativi di utilizzazione dell’istituto del contratto a tempo determinato, anche in misura inferiore, è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi:
- nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
- per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità;
- per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
- con lavoratori di età superiore a 55 anni.
Scadenza del termine e successione dei contratti.
Brevi prosecuzioni del rapporto oltre la scadenza sono consentite:
- fino a 30 gg con contratto di durata inferiore a mesi 6;
- fino a 50 gg con contratto di durata superiore a mesi 6.
Tuttavia, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo, al 40% per ciascun giorno ulteriore.
Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell’articolo 1 del D.Lgs 368/2001, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Fanno eccezione i lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui al comma 4-ter del citato decreto, nonché in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Nel caso in cui ci siano due successive assunzione a termine, senza soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.
Nel caso invece di superamento del limite massimo dei 36 mesi, compresi di proroghe e rinnovi, per i contratti a termine intervenuti fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore per lo svolgimento di mansioni equivalenti, il rapporto di lavoro si considererà a tempo indeterminato, fatte salve diverse disposizioni dei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. Per effettuare il calcolo della durata complessiva si conteggiano anche i periodi di missione in regime di lavoro somministrato che hanno come oggetto mansioni equivalenti.
Un ulteriore contratto a termine può essere stipulato per una sola volta presso la DPL con assistenza di un rappresentante sindacale.
Precedenza:
- Il lavoratore che abbia prestato attività lavorativa presso la stesa azienda per un periodo superiore ai sei mesi ha un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate entro i successivi 12 mesi, fatte salve diverse disposizioni dei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale;
- Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha un diritto di precedenza sulle nuove assunzioni a termine;
- Il periodo di congedo di maternità intervenuto nel corso di un contratto a termine viene computato come periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza sia per le assunzioni a tempo indeterminato che per le assunzione a termine effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi;
- Il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nella lettera di assunzione, fermo restando che il lavoratore deve manifestare al datore di lavoro la propria volontà alla riassunzione;
Sanzioni.
In caso di violazione del limite percentuale di cui all’articolo 1, comma 1, del D.Lgs 368/2001 per ciascun lavoratore si applica la sanzione amministrativa:
- pari al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a uno;
- pari al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore a uno.
Criteri di computo.
I limiti prescritti dal primo e dal secondo comma dell’articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, per il computo dei dipendenti si basano sul numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.
Nel link sottostante il D.Lgs 368/2001
Avvocato Matteo Moscioni, con studio legale in Viterbo, si occupa prevalentemente di Diritto del Lavoro, Sindacale e Relazioni Industriali.
www.avvocatomatteomoscioni.com
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