“Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro” (art. 1, I comma, D.lgs 368/2001, così come modificato dalla L. 92/2012).
I requisiti. Il contratto a tempo determinato può essere stipulato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo anche riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro (art. 1 D.lgs 368/01).
L’apposizione del termine al contratto deve necessariamente avere forma scritta con espressa con indicazione delle suindicate ragioni poste a base del termine.
Priva di effetti diverrà, ex D.lgs 368/01, l’apposizione del termine in mancanza di forma scritta ed il lavoratore si intenderà assunto a tempo indeterminato.
La Riforma Fornero. La legge 92\2012 ha introdotto due ipotesi di liberalizzazione delle assunzioni a termine o, più propriamente, di acasualità. In tali casi l’assunzione a tempo determinato potrà avvenire senza la necessità di individuazione delle ragioni giustificatrici del termine.
In particolare:
– nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione,
– i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati, assunzioni a termine senza la necessità di una specifica ragione giustificatrice, nelle ipotesi di avvio di una nuova attività; lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; rinnovo o proroga di una commessa consistente.
Tuttavia, tali contratti acausali possono essere legittimati dal contratto collettivo nel complessivo limite del 6% dei lavoratori occupati nell’unità produttiva.
I limiti. L’individuazione di limiti quantitativi di utilizzazione dell’istituto del contratto a tempo determinato è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi.
Alcuna limitazione può essere introdotta:
– nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
– per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità;
– per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
– con lavoratori di età superiore a 55 anni.
La proroga del termine. Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato:
– con il consenso del lavoratore;
– una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato;
– la durata massima del contratto non può superare e 36 mesi.
In tutti i casi in cui l’assunzione a tempo determinato avviene senza la necessità di individuare le ragioni giustificatrici del termine non è ammessa proroga (L. 92\2012).
La prosecuzione del rapporto oltre la scadenza. Brevi prosecuzioni del rapporto oltre la scadenza sono consentite:
– fino a 30 gg con contratto di durata inferiore a mesi 6;
– fino a 50 gg con contratto di durata superiore a mesi 6.
Tuttavia, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore.
Il datore di lavoro ha altresì l’onere di comunicare al Centro per l’impiego territorialmente competente, entro la scadenza del termine inizialmente fissato, che il rapporto continuerà oltre tale termine, indicando altresì la durata della prosecuzione.
Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
Successione dei contratti. Il datore di lavoro può riassumere il lavoratore alla scadenza del contratto con un nuovo contratto a tempo determinato a condizione che tra un contratto e l’altro siano osservati i seguenti intervalli di tempo così stabiliti dalla L. 92\2012:
– 60 gg dalla data di scadenza di un contratto con durata fino a mesi 6;
– 90 gg dalla data di scadenza di un contratto con durata superiore a mesi 6.
Occorre precisare che la contrattazione collettiva può prevedere la riduzione dei predetti periodi, rispettivamente, fino a venti giorni e trenta giorni nei casi in cui l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato:
– dall’avvio di una nuova attività;
– dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo;
– dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico;
– dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo;
– dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente.
Il mancato rispetto dei termini fissati dal legislatore fa sì che il secondo contratto sia considerato a tempo indeterminato.
Durata massima. Qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato a partire dalla scadenza del termine dei 36 mesi.
Oltre il 36esimo mese le parti potranno procedere ad un’ulteriore rinnovo contrattuale, per un’unica volta, e purché il nuovo contratto a termine venga stipulato presso la DTL competente, con l’assistenza di un rappresentate sindacale appartenente all’organizzazione più rappresentativa sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o abbia conferito mandato.
Indennità risarcitoria. Nel caso in cui il Giudice dichiari illegittimo il contratto a termine e ne determini la conversione in contratto a tempo indeterminato, condanna altresì il datore di lavoro ad una indennità omnicomprensiva ( la L. 92\2012 stabilisce che essa ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore coprendo ogni altra conseguenza derivante dall’illegittimità del contratto a termine) compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione percepita dal lavoratore, determinata tenendo conto dei criteri individuati dall’art. 8 L. 604/1966.
Diritto di precedenza. Il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.
In sede di contrattazione collettiva, a livello nazionale, territoriale o aziendale, possono essere introdotte diverse disposizioni (art. 5, comma 4quater D.lgs 368\01)
Il diritto di precedenza può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro sei mesi e tre mesi (in caso di attività stagionali) dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.
Divieto. L’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non e’ ammessa:
– per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
– salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
– presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine;
da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.
Avvocato Matteo Moscioni, con studio legale in Viterbo, si occupa prevalentemente di Diritto del Lavoro, Sindacale e Relazioni Industriali.