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Licenziamento disciplinare: ai fini della validità dell’addebito non rilevano errori nell’individuazione dei fatti contestati (Cass. Civ. Sez. Lav. 24567/2011).

Incorre nel reato di dichiarazione fraudolenta utilizzando documenti falsi chi utilizzi schede carburante false al fine di evadere il fisco

Malpractice medica e onere probatorio: spetta al convenuto dimostrare che l’inadempimento non è avvenuto

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Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con la sentenza n. 24567 del 2011, depositata il 22 novembre scorso.

Il caso concerneva un lavoratore sorpreso più volte in pizzeria durante l’orario di lavoro e, per tale ragione, licenziato dal proprio datore di lavoro. Quest’ultimo aveva inviato tempestivamente al proprio dipendente la lettera di contestazione degli addebiti che, tuttavia, è risultata affetta da imprecisioni circa l’esatta denominazione della pizzeria e del relativo numero civico. Per ovviare a tali imprecisioni, il datore di lavoro aveva successivamente provveduto ad integrare la lettera di contestazione degli addebiti, circostanza, peraltro, immediatamente contestata dal lavoratore, il quale aveva sostenuto che nella vicenda de qua non sarebbero state rispettate le norme dettate in materia di licenziamenti disciplinari.

La Cassazione, a tal riguardo, ha sostenuto che nel caso in questione non vi sarebbe stata alcuna violazione della disciplina dei licenziamenti disciplinari. Gli Ermellini, infatti, hanno ricordato che la funzione della contestazione degli addebiti è quella di consentire al lavoratore l’immediata difesa e, a tal fine, sarebbe sufficiente fornire le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella loro materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di diligenza e fedeltà.

Pertanto, la Cassazione ha avallato l’interpretazione dei fatti di causa resa dalla corte territoriale secondo la quale la lettera di contestazione, ancorché contenesse alcune imprecisioni, descriveva puntualmente il comportamento tenuto e richiamava la contestazione verbale che era stata mossa da un superiore e dai suoi aiuti al lavoratore in questione nell’immediatezza dei fatti e sul luogo esatto ove erano stati commessi, così da richiamare circostanze note a quest’ultimo e da rendere inequivoche le indicazioni fornite dalla contestazione.

Di conseguenza, ad avviso degli Ermellini, la comunicazione integrativa non ha determinato alcuna lesione del diritto alla difesa del lavoratore, in quanto le circostanze nuove addotte dal datore di lavoro non avrebbero determinato una immutazione della contestazione – considerato che le stesse non sarebbero risultate determinanti per l’esatta individuazione e comprensione dei fatti oggetto di censura – riguardando, invece, allegazioni volte a fornire precisazioni e chiarimenti a tal scopo non essenziali (e dovendosi, invece, qualificare come nuova contestazione solo quella che incida sul nucleo essenziale dell’addebito).

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