Forse a qualcuno potrebbe essere sfuggito il recente intervento del Legislatore avente ad oggetto “Disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile”. In questa sede analizzeremo brevemente le novità in materia di giustizia civile. In particolare, ci soffermeremo sugli artt. 13 e 14 del presente Decreto Legge.
La prima disposizione introduce alcune modifiche al Codice di Procedura Civile: “Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 82, primo comma, le parole: «euro 516,46» sono sostituite dalle seguenti: «euro mille»; b) all’articolo 91, e’ aggiunto, in fine, il seguente comma: «Nelle cause previste dall’articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda.»”.
E’ stato, quindi, elevato il limite di valore delle cause in cui la parte può stare in giudizio personalmente (da 516,46 a 1.000,00 Euro) ed è stato altresì stabilito che nelle suddette cause, qualora la parte decida di stare in giudizio tramite il ministero di un difensore, in ogni caso il giudice non potrà liquidare le spese, competenze ed onorari in misura superiore al valore della controversia.
Da un primo esame delle novità, sembra che il Legislatore continui ad accanirsi contro la nostra categoria. Ora è chiaro che, se si svestano i panni dell’Avvocato e si indossano quelli del cittadino, si può pensare che la prima modifica abbia un effetto positivo, garantendo ai cittadini la possibilità di difendersi personalmente in un numero maggiore di giudizi.
D’altra parte, però, non si può fare a meno di notare che la circostanza per cui il valore della controversia non sia elevato non equivale ad affermare che l’attività difensiva sia elementare e facilitata, così da poter essere portata avanti con successo anche dalle singole parti senza l’ausilio di un difesnore. Con la suddetta modifica, in pratica, si inducono i cittadini a improvvisarsi “principi del foro”, magari sulla scorta di quanto visto in alcuni film o serie tv, con il serio rischio di avere una mera “atutela gratuita”.
Ma quello che, a mio parere, è ancora più scandaloso è che non sono solo i cittadini ad essere disincentivati a farsi rappresentare da un Avvocato nelle cause di valore inferiore a mille Euro, ma anche gli stessi professionisti. Infatti, nelle suddette controversie, le spese, le competenze e gli onorari liquidati dal giudice non potranno superare il valore della domanda.
Poiché, come sopra già sottolineato, l’equazione causa inferiore a mille Euro = causa semplice non è corretta, sorgono evidenti dubbi sulla bontà di una simile disposizione. Stabilire ex ante un tetto massimo alla liquidazione delle spese legali costituisce un ingiustificato limite allo stesso giudicante, nonché una violazione del principio, costituzionalmente tutelato dall’art. 36 Cost., della retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto. L’unico effetto che si realizza in questo modo è spingere gli Avvocati sempre più lontano dalle small claims. Che tale circostanza produca dei benefici appare quantomeno dubitabile…
L’art. 14 del D.L. 212/2011, invece, apporta una serie di modifiche all’articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183. Con tale intervento si stabilisce che “Nei procedimenti civili pendenti davanti alla Corte di cassazione, aventi ad oggetto ricorsi avverso le pronunce pubblicate prima della data di entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, e in quelli pendenti davanti alle corti di appello da oltre tre anni prima della data di entrata in vigore della presente legge, le impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti, con istanza sottoscritta personalmente dalla parte che ha conferito la procura alle liti e autenticata dal difensore, dichiara la persistenza dell’interesse alla loro trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge”.
Ciò significa che, qualora l’avvocato non si attiverà entro il suddetto termine, la causa sarà dichiarata estinta, mediante l’emanazione di un decreto da parte del Presidente del collegio. Infine, si precisa che non si può computare il periodo di sei mesi ai fini di cui all’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, la cd. “Legge Pinto”.
Sul punto, giova precisare come l’istanza de qua debba essere “sottoscritta personalmente dalla parte” e poi autenticata dal difensore e come, differentemente da quanto sembrava in prima battuta, le cancellerie non abbiano alcun obbligo di informare le parti, per cui prestate attenzione colleghi!