Dark Light

Caso

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio (“CTR“) torna a pronunciarsi su un argomento molto dibattuto nel diritto tributario, vale a dire quello del confine tra cessione di asset e di ramo di azienda e delle sue conseguenze in materia di pagamento delle imposte.

Nel caso oggetto del presente provvedimento una società acquista da un’altra società una serie di beni materiali (in particolare: stazione elettrica, costituita da impianti, strutture, oltre opere civili, aree di terreno e un elettrodotto).

L’amministrazione finanziaria invia un avviso di accertamento in cui contesta l’operazione – qualificata dalle parti come cessione di beni e, pertanto, soggetta al pagamento dell’IVA – riqualificandola come cessione di ramo d’azienda.

Tale riqualificazione comporta l’assoggettamento dell’atto al pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale (con riferimento ai beni immobili), oltre che al versamento delle sanzioni accessorie.

Investita della questione, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma (“CTP”) aderisce alla tesi dell’amministrazione finanziaria, confermando, quindi, la legittimità dell’avviso di accertamento.

Sentenza

Il provvedimento sopra indicato viene tuttavia impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio (“CTR”), che, con la sentenza n. 3517/2020, ribalta la decisione di primo grado.

Nello specifico la CTR non ha condiviso il ragionamento alla base dei provvedimenti emessi dall’amministrazione finanziaria prima e dalla CTP poi, secondo cui ai fini della qualificazione di un’operazione come cessione di beni o cessione di ramo di azienda occorrerebbe fare riferimento esclusivamente all’oggetto sociale: se gli asset oggetto di cessione sono idonei allo svolgimento dell’attività dell’acquirente, allora si sarebbe in presenza di una cessione di azienda (o di ramo di azienda).

Secondo i Giudici, tuttavia, le suddette argomentazioni porterebbero alla conseguenza illogica per cui in tutte le ipotesi in cui un’azienda acquisti dei beni connessi con il proprio processo produttivo si sarebbe di fronte ad una cessione di azienda.

Il ragionamento della CTR, invece, si basa sull’analisi della definizione di cessione di azienda: si ha cessione di azienda solo nelle ipotesi in cui gli asset ceduti costituiscano un complesso autonomo di beni idonei allo svolgimento di un’attività di impresa.

Da ciò deriva che, ai fini della configurabilità dell’operazione come cessione di ramo d’azienda, l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto dimostrare la presenza di circostanze da cui emergesse l’autonomia produttiva e funzionale dei beni ceduti.

Nel caso oggetto del presente provvedimento, invece, mancavano molti degli elementi tipici della cessione di azienda o di ramo di azienda, come la cessione delle licenze ed autorizzazioni, dei rapporti di lavoro, dei rapporti di credito/debito con clienti e fornitori, dei marchi e dell’avviamento “componente essenziale dell’esercizio di una attività di impresa”.

Da ultimo, la CTR ha altresì rilevato come l’eventuale riqualificazione dell’operazione come cessione di ramo d’azienda sarebbe poco giustificabile dal punto di vista economico, in quanto sarebbe stata effettuata a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato, con conseguente rischio di responsabilità in capo agli amministratori nei confronti dei soci “per una operazione che, a stretto rigore, dovrebbe essere qualificata come di depauperamento del patrimonio aziendale”.

Related Posts
AVVOCATO,

CERCHI SENTENZE SU CASI ANALOGHI AL TUO?

CASSAZIONE.NET 4.0 L'EVOLUZIONE DELLO STUDIO LEGALE
PROVA GRATIS
close-link
Avvocato, vuole gestire tutta la sua professione con un'App?....
PROVA  ORA GRATIS
close-image