Cessione contratto di locazione: in questo post vi spieghiamo, in linea di massima, i principi generali che regolano la cessione del contratto di locazione ed i tratti distintivi rispetto alla sublocazione.
Cessione contratto di locazione: natura e finalità.
La cessione del contratto costituisce un istituto basilare del diritto civile. Essa è regolata dall’art. 1406 c.c. e può essere definita come un’operazione trilaterale in cui è necessario non solo il consenso del cedente e del cessionario, ma anche il consenso del contraente ceduto.
Esemplificando, con riferimento alla locazione, potremo dire che l’ipotesi ricorre quando ad es. Tizio concede un immobile in locazione a Caio e quest’ultimo intende cedere il contratto a Sempronio. Le ragioni dell’operazione possono essere le più varie: ad esempio, Sempronio potrebbe avere interesse ad entrare in quell’immobile a quelle date condizioni economiche (ipotizziamo particolarmente vantaggiose) e per questo obiettivo può essere disposto a riconoscere una qualche forma di utilità economica a Caio.
Si può sempre cedere il contratto di locazione?
La legge, al riguardo, ci dice che salvo patto contrario, il conduttore può cedere il contratto a terzi, solo con il consenso del locatore.
A questo punto è necessaria una precisazione preliminare. L’utilizzo dell’espressione “salvo patto contrario” implica che nel contratto di locazione potrebbe essere inserita una clausola con la quale si precisi un divieto assoluto di cessione. La violazione di una clausola siffatta (contenente, per l’appunto, un divieto di cessione) potrebbe comportare una risoluzione del contratto per grave inadempimento del cessionario (cfr. Corte d’Appello di Bologna, 2 novembre 2005).
Laddove non sia stato inserito un divieto contrattuale di cessione, tecnicamente il conduttore potrebbe cedere il contratto solo con il consenso del locatore.
Al riguardo, in alcune sentenze, è stato dato rilievo al consenso espresso tacitamente, o come diciamo noi giuristi, per facta concludentia. Ad esempio, in Cassazione 29 maggio 1991, n. 6055 si è evidenziato che il consenso si reputa manifestato anche quando il locatore ”venuto a conoscenza della cessione, abbia consentito il godimento della cosa locata da parte del cessionario ed accettato gli effetti della cessione, ricevendo da quest’ultimo il canone locativo”.
Cessione contratto di locazione: il divieto del locatore
Alla luce di quanto abbiamo scritto sopra, è evidente che, per impedire gli effetti della cessione, sarebbe preferibile manifestare espressamente (meglio se con lettera raccomandata o forme di comunicazione equipollenti) un aperto dissenso.
Ricordiamo che il conduttore, per poter operare la cessione, deve comunicare al locatore gli elementi essenziali del contratto stipulato con il terzo, unitamente alle informazioni utili in merito a quest’ultimo, proprio per consentire al locatore medesimo di esprimere, eventualmente, il proprio dissenso motivato (Cass. 19 aprile 2001, n. 5817). ll dissenso è però soggetto ad un termine di trenta giorni decorrente dal momento della ricezione della comunicazione di cui sopra. Logicamente, in assenza di comunicazione formale, il locatore potrà formulare il proprio divieto alla cessione in qualsiasi momento (art. 36 L. 392/1978).
Inoltre, è ormai pacifico che il dissenso non sia libero, ma debba essere fondato su gravi motivi. Ad esempio, ci si può opporre se il cessionario sia noto per la propria insolvenza, testimoniata anche da assegni e/o cambiali protestate (Cass. 4 marzo 1998, n. 2405).
Ci sono obblighi fiscali?
Sì, è necessaria in ogni caso la registrazione, con connesso pagamento dell’imposta, anche nel caso in cui le parti abbiano optato per la cedolare secca.
In conclusione, abbiamo analizzato la disciplina della cessione del contratto di locazione, con particolare riferimento alla possibilità di prevedere, in via contrattuale, un divieto espresso e alle modalità con le quali il locatore può opporsi alla cessione.
L’immagine del post è realizzata da David Sawyer