Precisati gli effetti dei contratti di locazione in nero, passiamo ora ad analizzare nel dettaglio le tre fattispecie.
1. Mancanza della forma scritta
Nel caso in cui manchi la cd. forma scritta, quindi, il contratto di locazione sarà da considerarsi nullo (cfr. art. 1, comma 4, L. 431/98).
La norma sopra citata, infatti, prevede espressamente che “…per la stipula di validi contratti di locazione e’ richiesta la forma scritta”.
Da un punto di vista più tecnico occorre aggiungere che in giurisprudenza vi è un vivace dibattito sulla natura del requisito della forma scritta (ad substantiam, ad probationem, ad essentiam).
Da ultimo le Sezioni Unite della Cassazione (vedi sent. 17 settembre 2015, n. 18214) hanno precisato alcuni criteri che dovrebbero consentire agli operatori del settore e, di riflesso, a proprietari ed inquilini, di agire in maniera più consapevole.
I Giudici di Piazza Cavour, infatti, distinguono due ipotesi:
1. il proprietario/locatore impone all’inquilino/conduttore un contratto verbale
2. il proprietario/locatore e l’inquilino/conduttore decidono concordemente di trovare un accordo verbale
Nel primo caso, secondo le Sezioni Unite, ci troveremmo di fronte ad una nullità relativa, che può cioè essere fatta valere esclusivamente dall’inquilino/conduttore, il quale potrà quindi chiedere la riconduzione del contratto locativo, soddisfacendo, così, anche l’interesse dello Stato nel far riemergere un contratto destinato a rimanere privo di certezza giuridica, oltre che ignoto al fisco.
Nel secondo caso, invece, le Sezioni Unite preferiscono adottare la soluzione della nullità assoluta, cioè rilevabile da entrambe le parti, nonché d’ufficio da parte del Giudice (art. 1421 c.c.).
In questo caso il proprietario potrà chiedere il rilascio dell’immobile in quanto occupato senza titolo, mentre l’inquilino potrà chiedere la restituzione parziale delle somme versate in favore del primo.
La restituzione, ovviamente, potrà essere solo parziale, in quanto occorrerà indennizzare il proprietario per il periodo nel quale il conduttore ha usufruito dell’immobile, seppur sulla base di un contratto nullo. Se fosse, invece, ammessa una restituzione totale degli importi versati si determinerebbe una situazione di ingiustificato arricchimento ai danni del locatore.
2. Mancata registrazione presso l’Agenzia delle Entrate
La seconda fattispecie è più semplice e implica la presenza di un contratto scritto, il quale tuttavia non viene registrato, all’evidente scopo di sottrarre denaro alle casse dello Stato.
Anche qui il legislatore sanziona questo comportamento con la nullità, cioè con l’inefficacia del contratto.
Giova precisare che l’obbligo della registrazione grava sul proprietario, il quale dovrà, entro 30 giorni dalla sottoscrizione del contratto, portarlo presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente, dandone altresì documentata comunicazione, nei successivi 60 giorni, al conduttore ed all’amministratore del condominio, anche ai fini dell’ottemperanza agli obblighi di tenuta dell’anagrafe condominiale di cui all’articolo 1130, numero 6), del codice civile.
Dal punto di vista pratico la mancata registrazione e la conseguente nullità del contratto comporta che, nel caso di mancato pagamento dei canoni da parte dell’inquilino, il padrone di casa non potrà presentare l’azione di sfratto, bensì sarà costretto ad instaurare un giudizio ordinario (quindi mediamente più lungo) per occupazione senza titolo.
Il conduttore, inoltre, potrebbe denunciare al Fisco il contratto non regolarmente registrato, ottenendo la possibilità di poter pagare un mini canone che l’ultimo ddl Stabilità fissa nella misura pari al triplo della rendita catastale, senza l’adeguamento ISTAT.
Tuttavia occorre precisare che tale previsione è stata già una volta dichiarata incostituzionale dalla Consulta, per cui è possibile che si verifichi lo stesso anche quest’anno.
3. Il cd. doppio contratto
La terza fattispecie riguarda quei casi in cui le parti sottoscrivono un contratto in forma scritta e lo registrano presso l’Agenzia delle Entrate, inserendo, tuttavia, un canone di affitto inferiore a quello effettivo.
Tale canone effettivo viene concordato o in via verbale o per iscritto, determinando un risparmio fiscale, seppur parziale, per il proprietario.
In questo caso l’inquilino potrà limitarsi a pagare il canone “ufficiale”, cioè quello inserito nel contratto registrato, essendo gli eventuali diversi accordi intercorsi tra le parti inefficaci.
Tra l’altro, nell’ipotesi in cui il conduttore abbia pagato i canoni maggiorati per un certo periodo di tempo potrà chiedere giudizialmente al proprietario la restituzione dei predetti importi.
L’azione potrà essere esercitata durante l’esecuzione del rapporto contrattuale e comunque entro sei mesi successivi all’effettivo rilascio dell’immobile locato.
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