Con la pronuncia n. 8929/13 i Giudici di Piazza Cavour tornano ad occuparsi dei limiti entro cui può essere addebitata la separazione.
Nel caso specifico risultava che la moglie, pur non avendo avuto rapporti sessuali con altri uomini, cionondimeno coltivava una relazione “platonica” con un altro uomo, fatta di telefonate e mail dalle quali, secondo il marito, si desumeva il tradimento.
Questi i quesiti di diritto formulati in sede di legittimità: “Una relazione extraconiugale, non connotata da rapporti sessuali, è idonea a configurare violazione del dovere di fedeltà ai fini dell’addebitabilità della separazione?”
“Ai fini dell’addebitabilità della responsabilità della separazione per violazione dell’obbligo di fedeltà, è sufficiente che la relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge sia portata a conoscenza solamente dell’altro coniuge oppure è indispensabile che la stessa sia portata a conoscenza anche dell’ambiente sociale in cui i coniugi vivono?”.
La Suprema Corte, da una parte ribadisce che “la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione, ai sensi dell’art. 151 cod. civ., non solo quando si sostanzi in un adulterio ma anche quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge”, dall’altra ritiene corretto il ragionamento effettuato dalla Corte d’Appello.
Nello specifico, infatti, la Cassazione ritiene che i giudici d’appello abbiano correttamente escluso “che lo scambio interpersonale, extraconiugale, avesse potuto assumere i concreti connotati di una relazione sentimentale adulterina e, comunque, quelli di una relazione atta a suscitare plausibili sospetti di infedeltà coniugale da parte della B., traducibili o tradottisi in contegni offensivi per la dignità e l’onore del R., dal momento che il legame intercorso tra la B. ed il M. si era rivelato platonico, essenzialmente concretatosi in contatti telefonici o via internet, data anche la notevole distanza tra i luoghi di rispettiva residenza, e non connotato da reciproco coinvolgimento sentimentale, con condivisione e ricambio di lei dell’eventuale infatuazione di lui”.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Sentenza 17 gennaio – 12 aprile 2013 n. 8929
Svolgimento del processo
Con sentenza del 27.4-3.5.2006 il Tribunale di Forlì dichiarava la separazione personale dei coniugi M.P.B. (ricorrente) e L.R., addebitandola alla prima per infedeltà, ed imponendo al secondo di corrispondere alla moglie la somma di Euro 700,00 mensili, a titolo di mantenimento per il figlio minore B.R., affidato ad entrambi con residenza presso la madre. Con sentenza del 20.07-22.08.2007 la Corte di appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti ed in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla B., revocava l’addebito a quest’ultima della separazione e dichiarava il R. tenuto a versarle anche l’assegno per il suo mantenimento, quantificato in Euro 300,00 mensili, da rivalutare annualmente in base agli indici ISTAT.
La Corte territoriale osservava e riteneva che:
– con il primo motivo di gravame la B. aveva impugnato l’addebito a sé della separazione, motivata dal Tribunale con la relazione extraconiugale da lei intrattenuta a partire dal 2000-2001, con tale M. e provata dalla deposizione della teste S., moglie del M. e per mezzo di una missiva di tenore amoroso, da lui inviatale via internet, nel gennaio 2003;
– non vi era prova certa della infedeltà coniugale, intesa nel senso di relazione adulterina della B., la quale aveva sempre negato la circostanza, posto che né dalla deposizione della S., né nella citata e-mail si faceva chiaro cenno a rapporti sessuali, occasionali o ripetuti, tra l’appellante e il M., con il quale risultavano esservi stati certamente molti contatti virtuali a mezzo del telefono o via internet (come ammesso dalla stessa B. e ricavabile anche dalla deposizione della S.), ma non con altrettanta certezza molteplici incontri personali né tantomeno congressi carnali;
– nella citata e-mail, risalente al gennaio 2003, il M. aveva manifestato chiari sentimenti amorosi nei confronti della B., riferendosi anche al perdurare dei rapporti interpersonali, così come la S. aveva riferito che il marito ammise di avere frequentato la B. da diverso tempo e di avere intrattenuto corrispondenza e telefonate con ella, ma in nessun atto del procedimento si ricavava con certezza che l’attrazione fosse sfociata in rapporti sessuali, tanto più che nella e-mail in questione il M. pareva addirittura avere avvalorato la tesi di un definitivo distacco dalla donna avvenuto da diverso tempo;
– non erano state acquisite prove in ordine all’eventuale corrispondenza dei sentimenti della B. verso il M., non potendo certo l’addebito derivare da una mera infatuazione non corrisposta di un altro soggetto, e d’altra parte, la relazione platonica di un coniuge con estranei rendeva addebitabile la separazione soltanto quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui era coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivevano, avesse dato luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si fosse sostanziata in un adulterio, avesse comportato offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge;
– non poteva essere condivisa la valenza data dal Tribunale alla deposizione della S., moglie del M., la quale aveva riferito esclusivamente in relazione al proprio menage familiare, individuando nella presunta relazione del marito il fallimento del proprio matrimonio e la causa della separazione (si badi bene, consensuale e, quindi, senza addebito), ma naturalmente nulla era stata in grado di dire sulla reale natura dei rapporti tra il marito e la B. e tanto meno sulla connessione causale tra la condotta della appellante e la separazione dal R.. Invero, la deposizione della S. era stata sistematicamente incentrata sulle propria situazione e sui riflessi della vicenda nell’ambito del proprio matrimonio, e contraddittoriamente il giudice di primo grado aveva poi trasfuso le dichiarazioni della donna nell’ambito del matrimonio R.B., con un ingiustificato parallelismo automatico di conoscenze ed effetti; la S., invero, si era limitata a deporre sul fatto di avere sorpreso il marito mentre telefonava di nascosto (non si sa a chi), di avere notato sul suo personal computer vari contatti telefonici con la B. (senza ovviamente essere a conoscenza del loro contenuto), di avere appreso sempre dal marito che frequentava la B. ma non aveva mai sorpreso il coniuge con la appellata, non era stata in grado di precisare in che cosa consistesse la presunta relazione del marito, né quale effetti questa avesse avuto nella situazione matrimoniale dell’appellante;
– del tutto apodittica si rivelava inoltre l’affermazione della sussistenza del nesso di causalità tra l’infedeltà della B. e la compromissione del suo rapporto coniugale, affidata al contenuto della deposizione resa dalla figlia maggiore delle parti, dalla quale poteva evincersi solo che dal 2001 la madre aveva manifestato maggiori esigenze di autonomia sociale ed assunto uno stile di vita più libero ed indipendente, ciò considerando anche la condotta del R. che, pur essendo venuto a conoscenza dei fatti sin dal 2000-2001, aveva tollerato la situazione per oltre due anni, essendosi limitato a contattare la S. nel 2001 per renderla edotta del comportamento del marito;
– s’imponeva pertanto anche la riconsiderazione e l’accoglimento della richiesta di assegno per sé svolta dalla B., fermi restando il regime di affidamento del figlio minore dei coniugi ed il contributo paterno per il suo mantenimento, assegno che avuto riguardo alle condizioni delle parti, alle adottate statuizioni per il figlio ed al tenore della pregressa vita matrimoniale, caratterizzato da tratti agiati ma non particolarmente dispendiosi, poteva essere quantificato in Euro 300,00 mensili, rivalutabile a norma di legge.
Avverso questa sentenza il R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, e notificato alla B., che ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
A sostegno del ricorso il R. denunzia:
1. “Art. 360, n. 3, c.p.c.: Violazione o falsa applicazione degli artt. 143 e 151 c.c. – art. 360, n. 5, c.p.c.: Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai fini dell’addebito alla moglie della responsabilità della separazione”.
Contesta che ai fini dell’addebito l’infedeltà coniugale debba sostanziarsi in rapporti sessuali, che inoltre presupposto dell’addebito sia l’esternazione pubblica del rapporto extraconiugale e conclusivamente formula i seguenti quesiti di diritto “Una relazione extraconiugale, non connotata da rapporti sessuali, è idonea a configurare violazione del dovere di fedeltà ai fini dell’addebitabilità della separazione?”
“Ai fini dell’addebitabilità della responsabilità della separazione per violazione dell’obbligo di fedeltà, è sufficiente che la relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge sia portata a conoscenza solamente dell’altro coniuge oppure è indispensabile che la stessa sia portata a conoscenza anche dell’ambiente sociale in cui i coniugi vivono?”
2. “Art. 360 n. 5 c.p.c.: Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio al fini dell’addebito alla moglie della responsabilità della separazione”. in merito alla valutazione della deposizione resa dalla teste S.. Formula il seguente quesito “È tenuto il Giudice di appello a motivare l’omessa valutazione – ancorché conducente a conclusioni difformi dalla sentenza di primo grado – di un documento che il Giudice a quo aveva esplicitamente posto a base del proprio convincimento?”.
Sostiene, tra l’altro, che non si doveva valorizzare la definizione consensuale della separazione personale intervenuta tra la S. ed il M. ed iniziata come contenziosa ma il contenuto del ricorso introduttivo, invece non esaminato.
3. “Art. 360, n. 5, c.p.c.: Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio al fini dell’addebito alla moglie della responsabilità della separazione, art. 360, n. 3, c.p.c.: Violazione o falsa applicazione della norma di cui all’art. 244 c.p.c.”, in merito di nuovo alla valutazione della deposizione resa dalla teste S.. Formula il seguente quesito “La testimonianza de relato in ordine ad un fatto appreso da persona estranea al processo in cui si depone, pur presentando una forza probante affievolita perché comunque indiretta, può concorrere alla formazione convincimento del giudice se compatibile e coerente con gli altri elementi probatori acquisiti al processo?”.
4. “Art. 360, n. 3, c.p.c.: Violazione o falsa applicazione degli artt. 143 e 151 c.c. – art. 360, n. 5, c.p.c.: Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio al fini dell’addebito alla moglie della responsabilità della separazione” in merito al negato nesso di causalità.
Conclusivamente formula i seguenti quesiti di diritto:
“Attesa l’imperatività e l’alto valore morale dell’obbligo di fedeltà prescritto dall’art. 143 c.c., in presenza di un’acclarata relazione extraconiugale, ed in difetto di un rigoroso accertamento di altre, concomitanti o pregresse, cause di crisi del rapporto coniugale, il Giudice a tanto richiesto è tenuto a pronunciare l’addebito della separazione a carico del coniuge infedele?”
“L’inerzia giudiziaria del coniuge tradito, al pari della sua disponibilità a continuare la coabitazione col coniuge infedele può, in sé costituire motivo di esclusione tra la violazione del dovere di fedeltà del coniuge infedele e la definitiva crisi coniugale, nonché la successiva separazione dei coniugi?”
“Incombe sul coniuge che domandi l’addebito della separazione a carico dell’altro coniuge resosi infedele l’onere di provare di avere, da parte sua, fatto di tutto per salvare il matrimonio?”
“Ferma restando la libertà del Giudice di merito di attingere il proprio convincimento dalle risultanze istruttorie ritenute più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso, senza essere in alcun modo tenuto a confutare esplicitamente le altre risultanze probatorie non accolte, nel caso in cui il Giudice formi la propria decisione sulla base di una considerazione che non trova riscontro in alcuno degli atti e dei documenti di causa, sussiste un Suo obbligo motivazionale in ordine all’omessa valutazione di prove oggettive acquisite al processo di segno opposto alla suddetta considerazione?”.
4. “Art. 360, n. 3, c.p.c.: Violazione o falsa applicazione dell’art. 156 c.c.; art. 360, n 5, c.p.c., Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.” Formula il seguente quesito “Ai fini della determinazione, sia dell’an che del quantum, dell’assegno di mantenimento a favore di un coniuge ed a carico dell’altro, occorre previamente operare una quantificazione – approssimativa – del costo mensile del pregresso tenore di vita goduto in costanza di rapporto, al fine di parametrare in concreto la differenza necessaria al beneficiario, rispetto alla portata complessiva dei suoi redditi – sia retributivi che patrimoniali, che di qualunque altro genere – per mantenere il tenore di vita precedente?”
I motivi di ricorso, pur ammissibili, non meritano favorevole apprezzamento. Quanto ai primi quattro, inerenti al diniego di addebito della separazione alla B. e suscettibili di esame congiunto, questa Corte ha ripetutamente affermato che la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione, ai sensi dell’art. 151 cod. civ., non solo quando si sostanzi in un adulterio ma anche quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge. Nella specie, i giudici d’appello hanno, in aderenza alle regole normative ed ai relativi principi giurisprudenziali, ineccepibilmente escluso che lo scambio interpersonale, extraconiugale, avesse potuto assumere i concreti connotati di una relazione sentimentale adulterina e, comunque, quelli di una relazione atta a suscitare plausibili sospetti di infedeltà coniugale da parte della B., traducibili o tradottisi in contegni offensivi per la dignità e l’onore del R., dal momento che il legame intercorso tra la B. ed il M. si era rivelato platonico, essenzialmente concretatosi in contatti telefonici o via internet, data anche la notevole distanza tra i luoghi di rispettiva residenza, e non connotato da reciproco coinvolgimento sentimentale, con condivisione e ricambio di lei dell’eventuale infatuazione di lui.
A tali conclusioni, che rendono superflui ulteriori approfondimenti sulla relativa incidenza, peraltro compiutamente esclusa, sulla compromissione del rapporto coniugale, la Corte distrettuale è pervenuta con puntuale e motivata analisi e valutazione delle risultanze processuali, orali e documentali, ove pure si consideri che il potere di valutazione da parte del giudice di appello del materiale probatorio in ordine ai fatti formanti oggetto di riesame, ha contenuto ed estensione uguali a quello del potere del giudice di primo grado e non è vincolato dagli eventuali diversi criteri seguiti dal primo giudice, che, perciò, nell’esercizio di tale potere, il giudice del merito è soggetto al solo limite legale di dovere dare, delle determinazioni prese, congrua ed esatta motivazione che consenta il controllo del criterio logico seguito e che quest’obbligo di motivazione è compiutamente soddisfatto quando, come nella specie, anche senza confutare espressamente e singolarmente tutte le argomentazioni svolte dalle parti e tutte le risultanze di causa e valorizzando solo gli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti, dia adeguata motivazione del conseguito convincimento.
Di contro le censure del ricorrente si risolvono in inammissibili, generici rilievi di errori valutativi in ordine agli elementi assunti, da cui non è dato desumere illogicità o carenze motivazionali decisive, e che essenzialmente appaiono volti ad un diverso ed aderente alla sua tesi, apprezzamento dei medesimi dati, non consentito in questa sede di legittimità. In particolare le circostanze emerse dalla deposizione resa dalla teste S. non risultano tralasciate ma doverosamente esaminate ed inquadrate nel contesto degli ulteriori dati istruttori e conclusivamente ritenute non decisive ai fini della prova dell’adulterio, con valutazione argomentata e plausibile, solo confortata dall’esito del giudizio di separazione personale tra la teste ed il M..
Del pari da disattendere è il quinto motivo del ricorso.
In tema di separazione personale tra i coniugi, al fine della quantificazione dell’assegno di mantenimento, il giudice del merito deve anzitutto accertare il tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio, per poi verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge gli permettano di conservarlo indipendentemente dalla percezione di detto assegno e, in caso di esito negativo di questo esame, deve procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione. In quest’ambito, la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede la determinazione dell’esatto importo dei redditi posseduti attraverso l’acquisizione di dati numerici, in quanto è necessaria, ma anche sufficiente, un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi, in relazione alle quali sia possibile pervenire a fissare l’erogazione, in favore di quello più debole, di una somma corrispondente alle sue esigenze (cfr, tra le altre, cass n. 13592 del 2006). A questi principi i giudici di appello si sono ineccepibilmente attenuti, avendo pure tenuto conto, comparandoli, dei redditi fruiti da ciascuna delle parti, quali risultanti dalla documentazione fiscale, e dunque non solo di quelli d’indole retributiva, oltre che dell’entità dei rispettivi patrimoni immobiliari, conclusivamente, motivatamente ed attendibilmente evidenziando la minore consistenza delle condizioni economiche della B. rispetto a quelle del coniuge e l’insufficienza delle stesse a consentirle di mantenere, in termini evidentemente tendenziali, l’emerso, agiato tenore della pregressa vita coniugale.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del soccombente R. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della B..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il R. al pagamento in favore della B. delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.000,00 ed in Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori come per legge.