Il Tribunale ha ritenuto che nell’ipotesi in cui il soggetto che avvia i contatti e calamita le “amicizie virtuali” di un “Gruppo” costituito all’interno di Facebook è dichiaratamente un imprenditore, il tenore dei rapporti con gli utenti del Gruppo normalmente operanti in un ambito meramente sociale, muta e si intride di rilevanza economica e di potenzialità commerciale.
Pertanto il “Gruppo” costituito all’interno del social network Facebook può rappresentare un caso di segno distintivo atipico, suscettibile di tutela contro l’interferenza confusoria, quantomeno ai sensi dell’art.2598, n.1, cod. civ.., che protegge, in generale, anche i “segni legittimamente usati da altri” quale fattispecie espressamente considerata di atto idoneo a creare confusione con i prodotti e l’attività del concorrente.
La vicenda de qua trae origine dalla realizzazione del Gruppo Facebook della società Alfa S.r.l. da parte di un dipendente di quest’ultima. Nella relativa pagina erano presenti riferimenti ai prodotti (abbigliamento sportivo) commercializzati dalla Società Alfa, nonché un collegamento ipertestuale al sito internet della società medesima.
Successivamente alla dipartita del dipendente dalla società Alfa, quest’ultimo ha iniziato a prestare la propria attività lavorativa a favore della società Beta S.r.l. (di cui era titolare la moglie), attiva nel medesimo settore merceologico ed ha provveduto a modificare il nome del Gruppo in questione da Alfa a Beta, modificando, di conseguenza, il collegamento ipertestuale, ma lasciando inalterati alcuni riferimenti ai prodotti commercializzati dalla società Alfa, nonché al marchio di quest’ultima. Inoltre, il soggetto in questione ha provveduto ad inviare comunicazioni scritte a tutti i contatti del Gruppo, invitandoli ad andare a visitare il sito della società Beta, espressamente definito come “nuovo sito internet della società Alfa”.
Pertanto, il Tribunale adito, riconoscendo che la creazione di un Gruppo Facebook, in siffatta ipotesi mirasse allo sfruttamento delle potenzialità di Internet e del notissimo social network per la realizzazione di una molteplicità di contatti privilegiati e interattivi con soggetti interessati a una determinata categoria di prodotti (l’abbigliamento sportivo), ha, quindi sostenuto che tale strumento avrebbe perciò acquisito una precisa rilevanza economica, costituendo un segno distintivo atipico, tutelabile ai sensi dell’art. 2598, n. 1 c.c., contro l’interferenza confusoria.
Il Tribunale ha giustificato la propria interpretazione, sottolineando come la Suprema Corte (Cass.civ. 3.12.2010 n.24620), avesse attribuito rilievo in questa prospettiva all’uso di segni distintivi atipici (dominio internet) in presenza di una funzione pubblicitaria e suggestiva del segno, finalizzata ad attrarre il consumatore nell’orbita dell’imprenditore, che si identifica e segnala sul mercato, nella fattispecie nella rete Internet.
Restava, infine, da stabilire se il mero fatto della creazione dell’originario Gruppo Facebook da parte dell’allora dipendente della società Alfa potesse o meno comportare l’acquisizione della piena titolarità dei diritti sul medesimo Gruppo da parte di quest’ultimo.
Il Tribunale ha, però, rilevato che l’attività tesa a creare il più volte menzionato Gruppo Facebook era stata posta in essere dal dipendente nell’interesse esclusivo della Società di appartenza, a nulla, peraltro, rilevando le specifiche regole di Facebook in materia di creazione e/o modifica dei contenuti immessi dagli utenti. Le suddette regole, nell’opinione dell’organo giudicante, non possono costituire, infatti, una lex specialissuscettibile di derogare alle norme cogenti dell’ordinamento.
Ciò premesso, il Tribunale, riscontrando gli elementi sintomatici della confusione e dello sviamento di clientela a favore della nuova società Beta ha, quindi, imposto ai resistenti, ex. artt. 669 sexies e 700 c.p.c., nonché 131 C.p.i, il ripristino della originaria denominazione del Gruppo e l’astensione da qualsivoglia futuro intervento sul predetto Gruppo.