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I blog non hanno l’obbligo di registrarsi presso il Tribunale, a meno che non ricevano sovvenzioni pubbliche. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza del 10 maggio 2012.

La vicenda de qua traeva origine dall’azione penale esercitata nei confronti di un giornalista titolare di un blog di informazione civile (www.accadeinsicilia.net) per il reato di stampa clandestina che, com’è noto, è previsto dall’art. 16 della Legge sulla Stampa.

La richiamata disposizione, infatti, punisce con la reclusione fino a due anni o la multa fino a € 250 chiunque intraprenda la pubblicazione di un giornale o di un periodico senza aver eseguito la registrazione prevista dall’art. 5 ovvero, nel caso degli stampati non periodici, non risulti né il nome dell’editore né quello dello stampatore.

La questione della sussistenza dell’obbligo di registrazione per i siti internet (amatoriali e/o professionali) nel cui novero vanno ricompresi anche i blog è stata oggetto di un intenso dibattito giurisprudenziale e dottrinale che ci sembra opportuno ripercorrere, nei suoi tratti essenziali, prima di soffermarci sul caso oggetto della pronuncia della Cassazione.

Inizialmente, la riflessione si è incentrata sulla possibilità di registrare i siti internet e, al riguardo, si sono sviluppati due orientamenti contrapposti:

a) da una parte, infatti, si è affermata la registrabilità di un periodico telematico, in quanto dotato, sia sul piano ontologico, sia su quello finalistico, della funzione di diffondere notizie, pur se con una tecnica di pubblicazione diversa dalla stampa tradizionale (Trib. Roma, 6 novembre 1997 (ord.), in Dir. inf., 1998, 75)

b) dall’altra, invece, si è negata tale possibilità, richiedendosi necessariamente, ai fini della registrabilità, una riproduzione tipografica o altrimenti ottenuta con mezzi meccanici o fisico-chimici; mentre, di contro, un giornale telematico non poteva ritenersi ottenuto con alcuno di quei mezzi singolarmente indicati dall’art. 1 della L. n. 47/1948 (Trib. Salerno, 18 gennaio 2001, in Giur. it., 2002, 85; Trib. Napoli, 18 marzo 1997, in Foro it., 1997, I, 2307; nonché in Dir. giur., 1997, 186)

Successivamente, si inserisce la novella posta dall’art. 1 comma 3 della L. 7 marzo 2001, n. 62, con la quale il legislatore ha provveduto ad equiparare il “prodotto editoriale” alle “stampe e stampati”, definendo il prodotto editoriale come il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.

Ci si è, quindi, domandati se, ammessa in linea di principio la registrabilità del sito internet, tale iscrizione costituisse una mera possibilità, demandata ad una scelta liberamente espressa, ovvero se la registrazione si imponesse quale obbligo di legge.

Sul punto alcuni interpreti evidenziarono che l’inciso iniziale “ai fini della presente legge” (di cui all’art. 1, comma 1, L. n. 62/2001) rivelasse l’intento del Legislatore di introdurre un onere di registrazione unicamente per quei prodotti editoriali relativamente ai quali l’editore avesse inteso accedere alle provvidenze per l’editoria (finanziate dalla legge del 2001).

In senso contrario una parte della giurisprudenza ha, invece, sostenuto che l’art. 1 L. n. 62/2001 imponesse un obbligo generale di registrazione di qualsiasi prodotto editoriale telematico periodico, a prescindere dagli scopi perseguiti dal suo curatore (Trib. Salerno, 16 marzo 2001, in AIDA, 2002, 635).

In materia segnaliamo un’interessante pronuncia del Tribunale di Aosta del febbraio 2002, che ha escluso che l’equiparazione sancita dalla L. 62/2001 tra “prodotto editoriale” e “stampato” potesse comportare la configurabilità del reato di stampa clandestina con riferimento alla mancata registrazione di un sito internet.

Successivamente, la legge Comunitaria per il 2001 (L. 1 ° marzo 2002, n. 39), ha introdotto, per risolvere il problema, una norma volta a circoscrivere l’ambito di applicazione della L. n. 62/2001. In esecuzione della legge delega, venne successivamente emanato l’art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 70/2003 che, per l’appunto, ha chiarito che l’obbligo di registrazione si applica esclusivamente alle attività per le quali i prestatori del servizio avessero intenzione di avvalersi delle provvidenze (sgravi fiscali, contributi, ecc.) previste dalla legge sulla stampa.

Ciò premesso, si può comprendere la particolarità della decisione del Tribunale di Modica dell’8 Maggio 2008 che nel caso qui commentato ha fornito una “criticabile” interpretazione della normativa sopra esposta.

Il giudicante, infatti, ha ritenuto che il regime di esenzione introdotto dall’art. 7 comma 3 del D.lgs 70/2003 dovesse applicarsi esclusivamente ai soggetti qualificabili come “prestatori del servizio”  e non ai “destinatari del servizio”  ovvero quei soggetti che svolgono l’attività di informazione in forma non commerciale e a scopi non professionali e che, di conseguenza, dovesse trovare applicazione il principio generale sancito dall’art. 1 della L. 62/2001.

La summenzionata decisione, peraltro confermata in grado di appello, è stata oggetto di numerose critiche. In particolare, la dottrina ha evidenziato che la nozione di “prodotto editoriale” impone di tener conto della definizione di “prodotto” contenuta nell’art. 3 D.lgs 206/2005. Secondo la disposizione da ultimo citata, per “prodotto” si deve intendere quel bene della vita “destinato al consumatore, […] fornito o reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell’ambito di un’attività commerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo “.

Secondo quest’orientamento, quindi, qualsiasi forma di diffusione di informazioni in rete che sia slegata da un’attività commerciale, non potrebbe, per definizione, costituire un prodotto e, di conseguenza, ricadrebbe al di fuori dell’ambito di applicazione della L. 62/2001.

A nostro avviso, ciò avrebbe anche un evidente senso pratico, dal momento che non sarebbe proponibile immaginare che un sito internet amatoriale debba rispettare tutti gli obblighi previsti dalla Legge sulla Stampa (ad esempio, l’obbligo di dotarsi di un direttore responsabile, il quale, com’è noto, deve essere iscritto nell’albo dei giornalisti professionisti o quello dei pubblicisti.

La tematica della eventuale inclusione delle pubblicazioni online non professionali nell’ambito dei “prodotti editoriali” è stata, comunque, oggetto di divergenti interpretazioni della giurisprudenza successiva alla promulgazione della L. 62/2001.

La Cassazione Penale, con la Sentenza dell’11 dicembre 2008, n. 10535  ha escluso che “newsletter, blog, forum, newsgroup, mailing list, chat, messaggi istantanei” rientrassero nel novero dei prodotti editoriali. In senso conforme, V. anche la Sentenza della Cassazione Penale del 10.03.2009, n. 10535, ove si è escluso che ai forum e ai newsgroup possano applicarsi le norme sull’editoria e sulla stampa, che appuntano in capo al direttore di testata un obbligo di controllo preventivo su quanto pubblicato sul giornale. L’Ufficio delle indagini preliminari di Cassino, con la decisione del 26 giugno 2009 invece, ha incluso anche un blog nella nozione di prodotto editoriale in quanto esso rappresenterebbe “il mezzo di divulgazione di un elaborato critico, destinato ad un numero indeterminato di lettori”. Analoga interpretazione era stata fornita dal Tribunale di Latina con la Sentenza del 7-6-2001 che aveva considerato “prodotto editoriale”, un sito amatoriale che in forma grossolana proponeva contenuti blasfemi, dediti al vilipendio delle “persone che professano la religione cattolica e i ministri del culto cattolico”.

In questo senso, non possiamo che accogliere con favore la pronuncia del Supremo Collegio che ha (finalmente) affermato il principio secondo cui l’autore di un blog non iscritto al Tribunale non può essere incriminato per il reato di stampa clandestina.

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