Nell’ultimo periodo vi è un profondo dibattito in merito alla cd. “discriminazione territoriale” nel Campionato di calcio di Serie A. In questo articolo cercheremo di evidenziarne alcune “incongruenze” applicative.
Partita di campionato del 23 febbraio 2014, derby Juventus-Torino. Vengono mostrati dalla tifoseria Juventina due striscioni (“Quando volo penso al Toro” e “Sono uno schianto”) palesemente ingiuriosi nei confronti delle vittime della triste sciagura di Superga.
Tuttavia, non è scattata alcuna sanzione nei confronti della tifoseria dello Juventus Stadium. Si sostiene che non sarebbe operante il meccanisimo della “discriminazione territoriale” con riferimento agli striscioni degli ultras.
Facciamo un po’ di chiarezza.
Vale, a questo punto, la pena di pubblicare il testo (tratto dal sito della Federcalcio) dell’art. 11 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva. Detta disposizione testualmente dispone che: “Costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale e/o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”.
Il presupposto oggettivo dell’applicazione della norma e delle conseguenti sanzioni previste nel successivo art. 18 verrebbe, quindi, ad essere integrato da qualsiasi condotta che si contraddistingua per la natura ingiuriosa e/o discriminatoria. Data la genericità del termine “condotta”, risulterebbe, assai discutibile, limitare la configurabilità dell’illecito in questione ai soli cori, trascurando, così, gli striscioni ed altre tipologie di comportamenti da parte dei tifosi.
Altro discorso è stabilire se tra le condotte vietate vi siano le offese e/o le ingiurie nei confronti dei defunti.
Per rispondere al suddetto interrogativo, occorre analizzare con maggiore profondità la disposizione in esame, scomponendola in due parti:
- nella prima parte (“per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale e/o etnica”) sarebbe evidente e palese l’intento di proteggere determinate comunità di persone, contraddistinte o per l’appartenenza ad una determinata etnia (es. persone di colore) ovvero ad una determinata area geografica (es. Napoli, Roma, Africa ecc);
- nella seconda parte, tuttavia, (“ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori“), sarebbe chiara la volontà di estendere l’operatività del meccanismo sanzionatorio a qualsiasi forma di propaganda vietata.
Quale è, dunque, la sorte dei deprecabili striscioni lesivi della memoria delle vittime di Superga?
Considerato il tenore letterale dell’art. 11 comma 1 del Codice di Giustizia qui commentato, effettivamente, dette offese non sembrano riconducibili alle categorie dei comportamenti sanzionati. Le pubbliche manifestazioni oltraggiose nei confronti dei defunti, infatti, non sembrerebbero rientrare né nella nozione di propaganda ideologica vietata dalla legge né nelle propagande inneggianti a comportamenti discriminatori.
Tutto ciò non può che rafforzare le tesi di coloro che (giustamente) sostengono l’iniquità e l’ingiustizia della disposizione in esame. Senza entrare nel merito della nota “variabilità” nell’irrogazione delle sanzioni (alcuni “cori” deprecabili sono stati riconosciuti discriminatori, altri altrettanto deprecabili sono stati, invece, ritenuti non meritevoli di sanzione), in questa vicenda si giunge al paradosso di non sanzionare delle condotte che hanno, a tutti gli effetti, concretato un illecito di natura amministrativa, ovverosia la fattispecie di cui all’art. 724 c.p., secondo cui: “Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la divinità o i simboli o le persone venerati nella religione dello Stato , è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 51 a euro 309. La stessa sanzione si applica a chi compie qualsiasi pubblica manifestazione oltraggiosa verso i defunti.“
In conclusione, ci si trova di fronte ad una disposizione (quella sulla discriminazione territoriale) che:
- non prevede esattamente quali comportamenti debbano ritenersi vietati (sarà il Giudice Sportivo, nell’esercizio di un potere discrezionale forse troppo ampio, a stabilire quali condotte siano effettivamente “discriminatorie” e, per ciò solo, meritevoli di sanzioni abnormi);
- laddove applicata, comporta un’ingiustificata compressione dei diritti dei tifosi (specialmente i sottoscrittori di abbonamenti) che vedrebbero leso il proprio diritto d’ingresso allo stadio (talvolta, senza che vi sia alcuna loro partecipazione alle eventuali condotte illecite)
- non punisce comportamenti, invece, eticamente e giuridicamente molto più gravi (quali per l’appunto la denigrazione della memoria dei defunti, come detto, sanzionata ex art. 724 c.p.).
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