Con la pronuncia n. 15120/13 le Sezioni Unite della Cassazione si sono occupate della tematica relativa all’applicabilità del principio di retroattività in ambito disciplinare.
Nella fattispecie in esame, veniva comminata ad un Avvocato la sanzione della cancellazione dall’albo per avere, lo stesso, tenuto una condotta ritenuta censurabile sia sotto il profilo disciplinare che penale.
La pronuncia emanata dal CNF, tuttavia, veniva impugnata in sede di legittimità.
Il motivo di impugnazione che qui interessa concerne la determinazione della sanzione: il ricorrente, infatti, deduce che nella nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, emanata con la legge 31 dicembre 2012 n. 247, la sanzione disciplinare della cancellazione è stata soppressa, e oggi vi sarebbe solo quella della radiazione, il che imporrebbe di riconsiderare l’adeguatezza della sanzione inflittagli dal Consiglio Nazionale Forense in luogo della sospensione disposta dal proprio Consiglio dell’Ordine.
I Giudici di Piazza Cavour, confermando una oramai consolidata linea ermeneutica, hanno tuttavia rigettato il ricorso sulla base di due profili argomentativi.
In primo luogo, è stato precisato come, in tema di procedimento disciplinare, il potere di applicare la sanzione adeguata alla gravità ed alla natura dell’offesa arrecata al prestigio dell’ordine professionale sia riservato esclusivamente agli organi disciplinari.
Da ciò deriva che “la determinazione della sanzione inflitta all’incolpato dal Consiglio Nazionale Forense non è censurabile in sede di legittimità, salvo il caso – che nella fattispecie in esame non ricorre – di assenza di motivazione” (cfr. Cass. Sez. un. 1 agosto 2012 n. 13791).
In secondo luogo, ed entrando nel merito dell’eccezione sollevata dal ricorrente, relativa alla rideterminazione delle sanzioni disciplinari operata dalla legge n. 247/12, le Sezioni Unite hanno ritenuto priva di pregio la linea difensiva dell’Avvocato, la quale si basava sulla supposizione per cui la nuova disciplina, la quale nell’ordine di gravità crescente prevede quale unica sanzione ablativa la radiazione, sarebbe più favorevole all’incolpato di quella precedente, che invece prevedeva la cancellazione e poi la radiazione.
In altre parole, il ricorrente invoca l’applicazione del principio di retroattività della legge più favorevole.
Infatti, seguendo il ragionamento dell’incolpato, ne deriverebbe che la sanzione lui comminata, cioè la cancellazione, non esistendo più, andrebbe di fatto “derubricata” a mera sospensione.
I Giudici di Piazza Cavour, invece, hanno ribadito come il principio del favor rei costituisca un cardine dell’ordinamento penale, non potendo lo stesso essere applicato in ambito disciplinare, dove la natura delle sanzioni rimane esclusivamente amministrativa (cfr., in senso conforme, Cass. sez. un. 26 novembre 2008 n. 28159; 10 agosto 2012 n. 14374).
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 14 maggio – 17 giugno, n. 15120
(Presidente Luccioli – Relatore Ceccherini)
Svolgimento del processo
1. L’avvocato C.C. fu sottoposto a procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Nola, con l’incolpazione di aver posto in essere comportamenti che, analiticamente e complessivamente considerati, costituiscono grave e reiterata violazione dei principi generali della deontologia forense, e, in particolare, per l’accertata responsabilità in capo allo stesso dei reati di cui agli artt. 476, 479 e 482 c.p. nonché degli artt. 5, 6, 7 e 8 del codice deontologico. Al professionista, infatti, era stato contestato, in un procedimento penale in cui era imputato, di aver formato nove falsi avvisi di ricevimento di altrettante lettere raccomandate e relativi all’avvenuta notifica di atti di citazione davanti ai giudici di pace di Marigliano, Sant’Anastasia e Nola, utilizzandoli in giudizio e provocando la dichiarazione di contumacia dei convenuti; e di aver falsificato seicentoquattro autenticazioni relative alle sottoscrizioni dell’elenco dei candidati della lista “No Monnezza in Campania Partito Animalista Ambientalista” per le elezioni politiche dell’aprile 2008. In detto processo penale l’avvocato C. aveva patteggiato la pena e la sentenza, pronunciata su sua richiesta, gli aveva irrogato anni uno e mesi dieci di reclusione e Euro 140,00 di multa, con il beneficio della sospensione, dichiarando la falsità degli avvisi di ricevimento e del sigillo del notaio A.G. di Napoli. Il Consiglio dell’Ordine comminò all’incolpato la sanzione di mesi quattro di sospensione dall’esercizio della professione.
2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli impugnò il provvedimento davanti al Consiglio Nazionale Forense che, con sentenza in data 22 settembre 2012, ha sostituito alla sanzione sopra indicata quella della cancellazione dall’Albo professionale. Il Consiglio ha applicato l’art. 653 comma 1 bis c.p.p. circa l’efficacia della sentenza pronunciata a norma dell’art. 444 c.p.p. nel procedimento disciplinare, ferma restando la riserva al giudice disciplinare della valutazione della condotta dal punto di vista dell’ordinamento professionale; ha censurato l’argomento usato dal consiglio territoriale per sminuire l’illecito dell’incolpato, e cioè il fatto che questi non ne abbia tratto beneficio patrimoniale né abbia arrecato danno a terzi; e ha considerato, ai fini della determinazione della sanzione, la reiterazione delle condotte accertate in sede penale, e la così manifestata propensione generale dell’incolpato a operare fuori dei canoni di onestà, lealtà, probità e legalità propri della professione forense.
3. Per la cassazione della sentenza ricorre l’avvocato C. per un unico motivo. Il ricorrente ha depositato una memoria.
Ragioni della decisione
4. Con il ricorso si addebita al giudice disciplinare di aver equiparato la sentenza penale pronunciata su richiesta dell’imputato ad una sentenza penale ordinaria. Il ricorrente svolge poi alcune doglianze che riguardano gli elementi di fatto accertati dal giudice disciplinare, e che sono estranei al presente giudizio di legittimità. Infine, il ricorrente censura la motivazione con la quale il Consiglio Nazionale ha ritenuto di doversi discostare dal consiglio territoriale nella valutazione della gravità dei fatti contestati all’incolpato.
5. Il ricorso è infondato. Il Consiglio Nazionale Forense ha fatto puntuale applicazione dell’art. 653, comma 1 bis c.p.p., in conformità a quanto questa corte ha già avuto modo di affermare con la sentenza 31 ottobre 2012, n. 18701, e cioè che, a norma degli artt. 445 e 653 c.p.p., come modificati dalla legge 27 marzo 2001, n. 97, la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ha efficacia di giudicato – nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità, e quindi anche in quelli che riguardano avvocati – quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso; fatta salva la valutazione sulla rilevanza del fatto e sulla personalità del suo autore sotto il profilo deontologico, apprezzamento riservato al giudice disciplinare, in coerenza con quanto disposto dall’art. 5 del Codice deontologico forense. Né, per contrastare questo insegnamento, è pertinente il richiamo del precedente delle sezioni unite di questa corte, 31 luglio 2006 n. 17289, che si riferisce ad una sentenza di patteggiamento pronunciata in data 1 ottobre 1993, vale a dire molti anni prima dell’entrata in vigore dell’art. 1 della L. 27 marzo 2001, n. 97, che ha introdotto nel codice di procedura penale la disposizione applicata (comma 1 bis dell’art. 653 c.p.p.).
6. Quanto alla determinazione della sanzione, il consiglio ha motivato la sua decisione nel modo riportato supra al n. 2. Il ricorrente non censura questa motivazione, bensì l’interpretazione data dal giudice disciplinare del provvedimento del consiglio territoriale per motivare l’irrogazione di una sanzione meno grave, vale a dire un punto neppure decisivo. Deve peraltro trovare qui applicazione il principio di diritto già enunciato da questa corte (Cass. Sez. un. 1 agosto 2012 n. 13791), per cui, in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, il potere di applicare la sanzione adeguata alla gravità ed alla natura dell’offesa arrecata al prestigio dell’ordine professionale è riservato agli organi disciplinari; pertanto, la determinazione della sanzione inflitta all’incolpato dal Consiglio Nazionale Forense non è censurabile in sede di legittimità, salvo il caso – che nella fattispecie in esame non ricorre – di assenza di motivazione.
7. Nella memoria depositata, il ricorrente deduce che nella nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, emanata con la legge 31 dicembre 2012 n. 247, la sanzione disciplinare della cancellazione è stata soppressa, e oggi vi sarebbe solo quella della radiazione, il che imporrebbe di riconsiderare l’adeguatezza della sanzione inflittagli dal Consiglio Nazionale Forense in luogo della sospensione disposta dall’Ordine degli avvocati di Nola.
8. Il ricorrente muove evidentemente dalla supposizione che la nuova disciplina, la quale nell’ordine di gravità crescente prevede quale unica sanzione ablativa la radiazione, sarebbe più favorevole all’incolpato di quella precedente, che prevedeva la cancellazione e poi la radiazione. Nella fattispecie è stata applicata la sanzione ablativa più lieve, ma non è qui necessario verificare la fondatezza dell’assunto difensivo, perché la sua rilevanza postula l’applicabilità, nel procedimento disciplinare della professione forense, del principio del favor rei. Tale assunto è contraddetto della consolidata giurisprudenza di questa corte, per la quale in materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, trattandosi di sanzioni amministrative, non vige il canone penalistico dell’applicazione retroattiva della norma più favorevole, e al fatto si applica la sanzione vigente nel momento in cui il medesimo è stato commesso (Cass. sez. un. 26 novembre 2008 n. 28159; 10 agosto 2012 n. 14374).
9. In conclusione il ricorso è respinto. In mancanza di difese svolte dalla controparte non v’è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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