Su chi grava la legittimazione passiva nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale?
Nel caso sottoposto all’esame dei Giudici di Piazza Cavour (sent. n. 12385/13), il ricorrente aveva impugnato la cartella esattoriale per la mancata notifica delle sanzioni amministrative ad essa sottese.
In questi casi, spesso accade che l’esattore “declini” la responsabilità a favore dell’ente impositore, sostenendo di non poter essere a conoscenza di eventuali vizi verificatisi in precedenza.
Sulla base di tale ragionamento, quindi, e seguendo un orientamento minoritario della Cassazione, l’esattore solleva l’eccezione di difetto di legittimazione passiva nei suoi confronti.
Tuttavia, l’indirizzo attualmente prevalente in sede di legittimità, confermato altresì dalla sentenza de qua, sposa l’opposta tesi: “…sussiste nel giudizio di opposizione la concorrente legittimazione passiva dell’Ente impositore in quanto titolare della pretesa contestata e dell’esattore, quale soggetto dal quale proviene l’atto oggetto dell’opposizione. E stato, altresì, statuito (cfr. Cass. n. 24154 del 2007) che in sede di opposizione a cartella esattoriale, emessa per il pagamento di sanzione amministrativa, è consentito all’intimato, qualora si deduca la mancata notifica del verbale di accertamento dell’infrazione o dell’ordinanza ingiunzione irrogativa della sanzione, contestare per la prima volta la validità del titolo esecutivo; in tal caso al soggetto esattore deve riconoscersi, insieme all’ente impositore titolare della pretesa contestata, la concorrente legittimazione passiva. Di conseguenza, l’opposizione deve essere proposta anche nei confronti del medesimo esattore, che ha emesso la cartella esattoriale ed al quale va riconosciuto l’interesse a resistere anche per gli innegabili riflessi che un eventuale accoglimento dell’opposizione potrebbe comportare nei rapporti con l’ente, che ha provveduto ad inserire la sanzione nei ruoli trasmessi ai sensi dell’art. 27 della legge 24 novembre 1981 n. 689”.
In conclusione, la Suprema Corte ha ribadito il principio di diritto secondo cui nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale relativa al pagamento di sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, anche ove il destinatario della stessa deduca la mancata notifica del verbale di accertamento dell’infrazione, la legittimazione passiva spetta non soltanto all’ente impositore, quale titolare della pretesa sostanziale contestata, ma anche, quale litisconsorte necessario, all’esattore che ha emesso l’atto opposto, il quale ha interesse a resistere, in ragione dell’incidenza che un’eventuale pronuncia di annullamento della cartella può avere sul rapporto esattoriale.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI – 2 CIVILE
Ordinanza 24 aprile – 21 maggio 2013, n. 12385
(Presidente Goldoni – Relatore Carrato)
Osserva
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 22 gennaio 2013, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “Con ricorso ex art. 22 della legge n. 689/81, depositato in data 27 luglio 2006, il sig. G.M. impugnava, davanti al Giudice di pace di Messina, la cartella esattoriale notificata dalla Montepaschi SE. RI. T. S.p.A. il 28 giugno 2006, avente ad oggetto il pagamento della somma di Euro 1.290,36, deducendo, in particolare, che i due verbali di contestazione al Codice della Strada, in base ai quali era stata emessa la cartella esattoriale opposta, non gli erano stati mai notificati, ragion per cui richiedeva dichiararsi estinta la pretesa sanzionatoria amministrativa.
Si costituiva in giudizio la SE. RI. T. Sicilia S.p.A., chiedendo il rigetto del ricorso e, in subordine, in caso di annullamento della cartella esattoriale, di essere tenuta indenne dall’Ente impositore.
Con sentenza n. 2305/07, il Giudice di pace rigettava il ricorso.
Il sig. M..G. impugnava in appello la suddetta sentenza per violazione è erronea interpretazione della legge, in quanto i verbali erano stati notificati al ricorrente mediante la consegna al figlio convivente di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 139 c.p.c. Si costituivano in giudizio la Regione Carabinieri Sicilia e la SE.RI.T. Sicilia S.p.A.; restavano, invece, contumaci, la Prefettura di Messina e il Ministero della Difesa. Con sentenza n. 981/11 (depositata il 15 maggio 2011 e notificata il 27 giugno 2011), il Tribunale di Messina, definitivamente pronunciando, accoglieva l’appello e, per l’effetto, annullava la cartella di pagamento, condannando la SE. RI. T. Sicilia S.p.A. e la Prefettura di Messina al pagamento, in solido, delle spese processuali. La SE.RI.T Sicilia S.p.A. proponeva ricorso per cassazione, notificato il 10 ottobre 2011 e depositato il 28 ottobre 2011, censurando la sentenza impugnata per tre motivi. In questa fase gli intimati non si sono costituiti.
Rileva il relatore che, sembrano sussistere, avuto riguardo all’art. 380 bis c.p.c. in relazione all’art. 375 n. 5) c.p.c., le condizioni per la definizione del ricorso nelle forme del procedimento camerale, alla stregua della manifesta infondatezza del primo motivo, della manifesta fondatezza del secondo, con conseguente assorbimento del terzo. Con il primo motivo la ricorrente ha prospettato la violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e dell’art. 22 della L. n. 689/81 con riferimento all’art. 360 nn. 3 e 5, c.p.c., nonché l’omessa o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia oltre che la carenza di legittimazione passiva della stessa SE. RI. T SICILIA S.p.A. Tale doglianza appare, all’evidenza, infondata.
Nello specifico, la ricorrente ha richiamato, a fondamento del suo ricorso, l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, secondo il quale nei giudizi attinenti la regolarità della formazione del ruolo esattoriale, sussiste il difetto di legittimazione passiva, o comunque la carenza di responsabilità, dell’Agente della Riscossione e l’eventuale giudizio di opposizione avverso i ruoli ha come esclusivo e legittimo contraddittore, l’Ente impositore e creditore che ha proceduto alla formazione del ruolo (cfr. Cass. n. 12950 del 2004 e, nello stesso senso, Cass. n. 23701 del 2004, per cui nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale, legittimi contraddittori sono soltanto l’opponente e l’ente impositore, giacché solo quest’ultimo è titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio, e non anche il concessionario, il quale, in quanto soggetto destinatario solo del pagamento, non è contitolare del diritto di credito, la cui inesistenza costituisce l’oggetto della domanda di accertamento; v., anche, Cass. n. 11746 del 2004 e Cass. n. 22617 del 2006). Tale orientamento è, però, disatteso, dal prevalente indirizzo della giurisprudenza di questa Corte (al quale si aderisce), in virtù del quale l’esattore è, nelle predette controverse, un litisconsorte necessario.
Ciò è, infatti, confermato in numerose pronunce di codesta Corte, come ad esempio, la n. 5277 del 2001, alla stregua della quale, l’opposizione prevista dagli arti 22 e 23 della legge n. 689/81 può essere diretta anche contro la cartella esattoriale emessa per la riscossione della sanzione amministrativa, allorquando il destinatario della cartella, ha interesse a dedurre l’assenza del provvedimento sanzionatorio o la sussistenza di vizi relativi alla sua notificazione. Conseguentemente sussiste nel giudizio di opposizione la concorrente legittimazione passiva dell’Ente impositore in quanto titolare della pretesa contestata e dell’esattore, quale soggetto dal quale proviene l’atto oggetto dell’opposizione. E stato, altresì, statuito (cfr. Cass. n. 24154 del 2007) che in sede di opposizione a cartella esattoriale, emessa per il pagamento di sanzione amministrativa, è consentito all’intimato, qualora si deduca la mancata notifica del verbale di accertamento dell’infrazione o dell’ordinanza ingiunzione irrogativa della sanzione, contestare per la prima volta la validità del titolo esecutivo; in tal caso al soggetto esattore deve riconoscersi, insieme all’ente impositore titolare della pretesa contestata, la concorrente legittimazione passiva. Di conseguenza, l’opposizione deve essere proposta anche nei confronti del medesimo esattore, che ha emesso la cartella esattoriale ed al quale va riconosciuto l’interesse a resistere anche per gli innegabili riflessi che un eventuale accoglimento dell’opposizione potrebbe comportare nei rapporti con l’ente, che ha provveduto ad inserire la sanzione nei ruoli trasmessi ai sensi dell’art. 27 della legge 24 novembre 1981 n. 689. Inoltre, trattandosi di ipotesi di litisconsorzio necessario, la mancata integrazione del contraddittorio può essere rilevata anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo; v., altresì, Cass. n. 17936 del 2003; Cass. n. 709 del 2008 e, più recentemente, Cass., ord., n. 23459 del 2011).
Dunque, alla luce di tanto, non sussistono né la dedotta violazione di legge né il supposto vizio motivazionale, essendosi il giudice territoriale correttamente uniformato al più convincente indirizzo giurisprudenziale di legittimità prevalente sulla rilevata questione.
Con il secondo motivo, deducendo la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata, con riferimento all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la ricorrente ha denunciato l’erroneità della sentenza stessa nella parte in cui essa società era stata illegittimamente condannata alla rifusione delle spese dei giudizi, sul presupposto della concorrente legittimazione passiva degli opposti ed in applicazione del principio della soccombenza.
Ritiene il relatore che tale doglianza appare, all’evidenza, fondata, dal momento che la società esercente il servizio di riscossione esattoriale, alla luce della motivazione dell’accoglimento dell’appello, non si sarebbe potuta ritenere propriamente soccombente in proposito, ragion per cui la sentenza di secondo grado appare illegittima sotto questo profilo.
Ed infatti, nello specifico, l’illegittimità della cartella di pagamento era stata ritenuta sussistente con la sentenza impugnata in virtù dell’omessa notifica del verbale di contestazione, e, quindi, di un comportamento omissivo (o, comunque, negligente) ascrivibile solamente alla Prefettura di Messina. Invero, l’ente impostore provvede alla consegna del ruolo esattoriale in via telematica, con la semplice indicazione degli elementi della pretesa tributaria, mentre l’agente della riscossione, ricevuto il ruolo, deve provvedere alla sua notifica, rimanendo del tutto estraneo al processo di formazione dello stesso, i cui eventuali vizi procedimentali e/o notificatori non possono, perciò, riverberarsi negativamente sulla sua sfera giuridico-patrimoniale.
Dunque, alla stregua di tale ricostruzione, la società demandata al servizio della riscossione esattoriale, senza incorrere in alcuna responsabilità alla stessa direttamente imputabile, pur avendo dovuto sopportare i costi della difesa tecnica (in virtù della necessità della sua partecipazione al giudizio), non avrebbe, nel caso di specie, potuto subire un’ingiustificata condanna alle spese processuali, in applicazione del generale principio della soccombenza (cfr, per opportuni riferimenti, anche la recente Cass. n. 23459 del 2011).
Del resto è risaputo che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 19456 del 2008 e Cass. n. 20335 del 2004), la soccombenza costituisce un’applicazione del principio di causalità, per il quale non può andare esente dall’onere delle spese la parte che col suo comportamento abbia provocato la necessità del processo, sicché, in difetto di quest’ultimo presupposto, non può conseguire la condanna alle spese in danno della parte che, pur avendo dovuto indispensabilmente partecipare al giudizio per motivi riconducibili alla ritenuta sussistenza di una ipotesi di litisconsorzio processuale necessario, abbia posto in essere una fase procedimentale ulteriore (nell’esercizio della pretesa sanzionatoria amministrativa) su istanza di altro ente malgrado la formazione illegittima a monte del titolo esecutivo addebitabile esclusivamente all’ente richiedente l’emissione della cartella esattoriale.
Quanto al terzo e ultimo motivo, con il quale si è dedotta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, concernente il rimborso in favore della SE. RI. T, si ritiene che esso risulta assorbito dalla considerata manifesta fondatezza del motivo precedente.
In definitiva, si riconferma che sembrano sussistere le condizioni, in ordine all’art. 380 bis c.p.c., per definire nelle forme camerali il proposto ricorso, rilevandosi la manifesta infondatezza del primo motivo, la manifesta fondatezza del secondo e l’assorbimento del terzo motivo”.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, non risulta depositata alcuna memoria difensiva ai sensi dell’ari 380 bis c.p.c.;
ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato con riferimento al primo motivo, mentre va accolto in ordine al secondo motivo, con derivante assorbimento del terzo e, non essendo necessari ulteriori accertamenti fatto, la causa può essere decisa direttamente nel merito in relazione alla doglianza accolta, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., con la conseguente eliminazione, nella sentenza impugnata (ferma nel resto), della statuizione di condanna alle spese del giudizio di primo e secondo grado a carico della ricorrente SE.RI.T. Sicilia s.p.a.;
rilevato che, a seguito dell’accoglimento soltanto parziale del ricorso e della peculiarità delle questioni giuridiche con le stesso dedotte, si ravvisano giusti e congrui motivi per disporre l’integrale compensazione, tra il G. e l’odierna ricorrente, delle spese dei gradi di merito e della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dispone l’eliminazione, nella sentenza impugnata (da intendersi ferma nel resto), della statuizione di condanna alle spese del giudizio di primo e secondo grado a carico della ricorrente SE.RI.T. Sicilia s.p.a.
Compensa integralmente tra l’originario ricorrente G.M. e la SE.RI.T. Sicilia s.p.a. le spese dei gradi di merito e quelle della presente fase di legittimità.
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